Il primo progetto della Tomba di Giulio II (1505)
Il secondo progetto della Tomba di Giulio II (1513)
Il terzo progetto della Tomba di Giulio II (1516)
Il quarto progetto del 1526, doveva essere un'ulteriore semplificazione di quello precedente.
Il quinto progetto della Tomba di Giulio II (1532)
Il Torso del Belvedere è una scultura mutila in marmo, firmata dallo scultore del I secolo a. C. Apollonio di Atene e conservata nel complesso del Museo Pio-Clementino, all'interno dei Musei Vaticani.
Il luogo del ritrovamento è incerto: è falsa la notizia che il torso sia stato rinvenuto al tempo di Giulio II. Le prime notizie sulla scultura lo vedono fra le collezioni del cardinale Prospero Colonna tra il 1432 e il 1435
La scultura confluì nelle raccolte papali di Giulio II agli inizi del 1500.
La lunga permanenza nel cortile del Belvedere gli valse il nome di "Torso del Belvedere".
Laocoonte e i suoi figli, noto anche semplicemente come Gruppo del Laocoonte, è una copia romana in marmo di una scultura ellenistica della scuola rodia.
La statua fu trovata il 14 gennaio del 1506, scavando in una vigna sul colle Oppio.
Allo scavo assistettero di persona, tra gli altri, Michelangelo e Giuliano da Sangallo.
La statua fu trovata il 14 gennaio del 1506, scavando in una vigna sul colle Oppio.
Allo scavo assistettero di persona, tra gli altri, Michelangelo e Giuliano da Sangallo.
Michelangelo scolpì due schiavi non-finiti, lo “Schiavo ribelle” e lo “Schiavo morente”, databili intorno al 1510-13 (primo progetto), esposti oggi al museo del Louvre a Parigi.
I Prigioni sono un gruppo di 4 statue databili al 1525-1530 circa, "non-finiti" conservati nella Galleria dell'Accademia a Firenze, vicino al David.
Conosciuti come: Schiavo Atlante; Schiavo Barbuto, Schiavo Giovane e Schiavo che si desta.
Il Genio della Vittoria, realizzato per una nicchia del basamento della tomba, conservato nel Salone dei cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze.
Tutte le idee di Michelangelo vennero trasferite sui personaggi dipinti sulla volta della Sistina fra il 1508 e il 1512.
Il Profeta Isaia affrescato da Raffaello sul terzo pilastro di sinistra della navata centrale nella Basilica di Sant'Agostino a Roma.
La Leggenda del Mosè che girò la testa.
Durante il restauro del 2001, il restauratore Antonio Forcellino affermò che si era reso conto che Michelangelo aveva girato la testa del Mosè venticinque anni dopo averlo scolpito.
La fantomatica scoperta è stata sostenuta grazie al ritrovamento di un documento, scritto da un conoscente di Michelangelo che spiega come Michelangelo, avrebbe girato la testa del suo Mosè, accompagnandola con una torsione dinamica di tutto il corpo, dopo il marzo del 1542, a 25 anni di distanza dalla prima versione.
Il documento è stato presentato dallo studioso Christoph L. Frommel, durante un convegno intitolato «Mosè: conflitto e tolleranza», che si è tenuta nel gennaio del 2015 presso l'accademia di San Luca a Roma.
A ritrovare il documento citato da Frommel è stato proprio il restauratore, Antonio Forcellino, che, prima di procedere alla pulitura del marmo con impacchi di acqua distillata e carbonato di ammonio, ha passato quattro anni immerso in una ricerca filologica. E’ così che Forcellino si è ritrovato tra le mani la lettera di un anonimo conoscente di Michelangelo che riferisce, poco dopo la morte dell’ artista, come il maestro avesse girato la testa del Mosè solo in un secondo momento. Il conoscente descrive questo episodio su richiesta del Vasari, ma stranamente - nota Frommel - né quest’ ultimo, né la successiva storia dell’ arte ne fanno riferimento.