Veduta di Ostia antica da pallone aerostatico, 1911 |
Dopo il nostro ultimo articolo sul mitraismo abbiamo avuto voglia di visitare il sito di Ostia antica, particolarmente ricco di mitrei.
Ostia nasce nel IV secolo a.C. sul fiume Tevere e diviene nel tempo un importante centro portuale romano. Col passare del tempo diversi fattori ne causano una lenta decadenza: prima si tramuta in semplice centro residenziale, poi si spopola pesantemente tra il V e il VI secolo d.C. e infine viene definitivamente abbandonata nel IX secolo, quando gli abitanti di rifugiano nel nuovo borgo fortificato di Gregoriopoli creato apposta da papa Gregorio IV per proteggere la popolazione dagli attacchi dei saraceni.
Già a partire dal III secolo fu oggetto di spoliazione di marmi allo scopo di realizzare nuovi edifici altrove, prassi che divenne poi comune e diffusa, come unica possibilità, nei periodi economicamente e politicamente più difficili dell'Italia. Lo stesso borgo fortificato necessario alla difesa degli ostiensi fu reso possibile grazie a materiali provenienti dalla vecchia città, e per restaurarlo in seguito ai danni inflittigli da Laidslao I di Napoli furono necessari ulteriori apporti dal sito. Ma anche diversi invasori nel corso del tempo sottrassero qualcosa dalla città abbandonata.
Storia degli scavi
I primi scavi volti a reperire manufatti antichi piuttosto che semplice materiale da riutilizzare risalgono probabilmente al XVIII secolo. Fu però un'attività molto anarchica, volta prevalentemente al commercio (diverse opere d'arte finirono all'estero in collezioni inglesi, francesi, ecc), e fu così che agli inizi del secolo successivo papa Pio VII proibì questi scavi privati e ne indisse di pubblici. In questo modo sottrasse questi beni storici e artisti dalle grinfie di gente che, usando le stesse parole del papa, "per lo più altro non aveva in cuore che di rinvenire cose di valore per farne commercio, senza verun utile per l’antichità, per l’erudizione e per la storia". Nuovo impulso alle ricerche archeologiche furono poi dati da papa Pio IX, che ne affidò la direzione a Pietro Ercole Visconti, il quale scrisse:
"la Santità di nostro Signore in mezzo alle tante e si gravi cure della Chiesa e dello Stato, avendo l’animo inteso a promuovere i vantaggi delle antichità e delle arti, dopo aver dato tanti luminosi esempi del suo sovrano favore verso di esse, ha di recente ordinato che siano riaperti e continuati gli scavi di Ostia, stati già fruttuosi e si celebri nel Pontificato del suo predecessore Pio VII"
Pianta degli scavi effettuati sotto Pio VII, realizzata da Pietro Holl nel 1804 |
Pio IX seguì gli scavi con molto interesse, al punto che visitò personalmente il sito più volte.
Fu lui a disporre che le rovine venissero lasciate visibili nei limiti del possibile, trasferendo solo statue ed altri elementi dalla situazione più delicata nel Museo Lateranense. Col proseguire degli scavi si reputò opportuno in seguito inaugurare un museo in loco.
Visita di Pio IX agli scavi |
Alla fine dell'Ottocento naturalmente la direzione degli scavi passò al governo italiano: si portarono alla luce nuove aree ma sotto il regime fascista i lavori proseguirono con troppa fretta per esigenze di propaganda e si perse molta documentazione relativa agli strati successivi al II secolo d.C., per non parlare dei restauri effettuati in modo approssimativo. Dopo una breve pausa durata fino agli anni '50, gli scavi ripresero e proseguirono fino ad oggi, con l'ingresso di università straniere nei progetti di ricerca.
Il mitreo degli animali
Ma il sito che più ci interessava all'interno del campo era chiaramente il mitreo degli animali, così chiamato per il tema dei mosaici pavimentali. Purtroppo questi, a causa delle intemperie e della crescita della vegetazione, versano in pessime condizioni. Il livello del degrado si apprezza pienamente confrontando i nostri rilievi fotografici con la documentazione prodotta da altri negli anni passati e facilmente reperibile sul web.
In epoche remote gli uomini hanno messo le loro mani sul sito perché non potevano aver sviluppato un'adeguata coscienza archeologica, sia per la maggior vicinanza temporale ai monumenti che per le oggettive limitazioni tecniche ed economiche che avrebbero reso sicuramente più difficili operazioni di scavo, conservazione e restauro, e in molti casi l'esigenza di costruire nuove strutture a dispetto della crisi economica e della penuria di materiali non poteva che condurre inevitabilmente a servirsi dalle vecchie rovine, oramai dismesse da tempo e divorate dalla vegetazione.
Oggi alcuni mosaici di Ostia sono protetti dalle intemperie con dei teli che li occultano in alcuni periodi dell'anno, ma altri mosaici riposano smembrati e poggiati ad una parete nelle aree più lontane dagli itinerari turistici, e siti come il mitreo degli animali sbiadiscono senza sosta. Almeno un tempo la spoliazione di marmi serviva a costruire qualche altra cosa, a volte edifici di grande pregio artistico e destinati a conservarsi a loro volta come testimonianza storica, la rovina di questi mosaici non sembra invece possa essere compensata in qualche modo.
Mosaici delle terme di Nettuno coperti per proteggerli dalle intemperie |
Pianta del mitreo degli animali |
Il corvo, simbolo dell'omonimo grado iniziatico, e il gallo, associato al sole nascente. Com'erano un tempo e come li abbiamo trovati noi |
Lo scorpione, uno degli animali protagonisti della tauroctonia, ieri ed oggi |
Il serpente, altro animale protagonista della tauroctonia, com'era e com'è |
Il toro, la grande vittima sacrificale, come appariva e come appare |
Le terme del Mitra
I mitrei di Ostia antica hanno una particolarità rispetto a quelli che solitamente si trovano in altri luoghi: a causa dell’eccessiva friabilità del terreno non sono sotterranei ma al livello delle strade come tutti gli altri edifici, tranne quello che sorge al di sotto delle terme di Mitra, l’unico mitreo ipogeo di tutta Ostia antica. Sfortunatamente questa sua unicità lo rende anche particolarmente soggetto ad allagamenti in caso di pioggia, e quindi non è sempre possibile visitarlo.
Statua di Mitra ritrovata nel mitreo sotterraneo. Quella visibile in loco è una riproduzione, l'originale è conservato nel museo del sito |
La statua vista da vicino: curiosamente Mitra non ha il capo rivolto all'indietro come nell'iconografia più diffusa |
Il mitreo delle sette porte
Il mitreo delle sette porte prende il nome dal mosaico che rappresenta, appunto, sette porte, simbolo dei sette gradi iniziatici di questo culto: Corvo, Ninfo, Soldato, Leone, Persiano, Corriere del Sole e Padre.
L'interno del mitreo delle sette porte, con in primo piano il mosaico da cui prende il nome |
Pianta del mitreo delle sette porte |
Su un lato è visibile il dio Marte, che presiede al grado di soldato. Accanto ad esso un piedistallo su cui poggiano i piedi di uno dei due dadofori, Cautes e Cautopates |
A sinistra la dea Venere che presiede al grado di Ninfo, accanto il piedistallo su cui doveva poggiare Cautes o Cautopates |
Il mitreo del palazzo imperiale
Tra i mitrei coperti dalle erbacce vi è il mitreo del palazzo imperiale, ad oggi molto difficile da identificare come tale, ammesso che si riesca a raggiungerlo, essendo un luogo molto periferico e non segnato sulle mappe fornite ai turisti all’ingresso. Un'iscrizione nei mosaici pavimentali ci ha permesso di sapere che il luogo di culto è stato dedicato a Mitra Sole Invitto da un certo Agrius Calendio, ma attualmente i mosaici non sono visibili perché interamente ricoperti dalla vegetazione. In compenso, è ancora visibile l'altare del mitreo.
Altare del mitreo del palazzo imperiale, l'epigrafe ci informa che la realizzazione si deve a tale C. Caelius Hermeros |
Il mitreo della planta pedis
Il mitreo della planta pedis prende il nome da un’orma umana raffigurata nel mosaico. Un altro disegno notevole è quello raffigurante un serpente, ma il piatto forte del sito dovrebbe essere la classica tauroctonia posta sul fondo del corridoio del mitreo. Il problema è che di questa rimangono solo le estremità laterali, essendo scomparsa la tipica scena centrale in cui Mitra uccide il toro accompagnato dai soliti animali. Nei due pezzi residui sono però ancora apprezzabili il Sole e la Luna che nell’iconografia mitraica assistono spesso al sacrificio del toro.
Il mitreo delle sette sfere
Il fiore all'occhiello del sito, almeno in campo mitraico, forse è il mitreo delle sette sfere, che col suo ottimo stato di conservazione permette di osservare tutti gli elementi più tipici di un mitreo. L'ingresso non è in linea col corridoio centrale ma spostato verso destra, in modo che i curiosi dall'esterno non potessero agevolmente sbirciare all'interno dei luoghi sacri, ai lati del corridoio si trovano poi i classici banconi con decorazioni a mosaico. Il mitreo prende il nome dai sette semicerchi che sono riprodotti lungo il corridoio centrale sulla pavimentazione, ognuno rappresentativo di un grado iniziatico (e difatti accanto ad ognuno, su uno dei banconi laterali, troviamo sempre rappresentata la divinità che presiede a quello specifico grado iniziatico). Le prime figure che incontriamo sono però Cautes e Cautopates, posti ai lati dell'inizio del corridoio, come mosaici sui banconi laterali. I due si distinguono per il verso della fiaccola che tengono in mano, ma Cautes in questo caso, oltre ad avere la classica fiaccola rivolta verso l'alto, tiene in mano anche un gallo, animale associato al sole, e quindi anche alla luce e alla conoscenza, per via della sua abitudine di salutare col suo canto l'astro nascente ad inizio giornata. Con una simbologia analoga ritroviamo questo uccello anche altrove, ad esempio nell'arte cristiana, mentre in Egitto gli stessi significati li assumeva il babbuino, che come il gallo si agita al sorgere del sole.
In fondo al corridoio del mitreo troviamo l'immancabile tauroctonia, con Mitra che uccide il toro rivolto nella direzione opposta e il cane, il serpente e lo scorpione a completare la scena.
Mitreo di Felicissimo
A contendere la palma di mitreo più interessante a quello delle sette sfere c'è il mitreo di Felicissimo, che prende il nome della persona, nota attraverso iscrizione nei mosaici, che ne ha finanziato la costruzione. Anche in questo caso lungo il corridoio si succedono simboli legati ai vari gradi di iniziazione e al dio/pianeta ad essi dedicato:
I) Corvo, coppa e caduceo, riferimenti al grado di corvo e a Mercurio
II) Diadema, luna e lampada, riferimenti al grado di ninfo e a Venere
III) Borsa, elmo e lancia, riferimenti al grado di soldato e a Marte
IV) Saetta, sistro e pala da fuoco, riferimenti al grado di leone e a Giove
V) Spada, falce e luna, riferimenti al grado di persiano e alla Luna
VI) Corona solare, torcia e frusta, riferimenti al grado di corriere del sole e al Sole
VII) Patera, asta, berretto frigio, falcetto, riferimenti al grado di padre e a Saturno
In definitiva consigliamo a tutti una visita al sito archeologico di Ostia antica. I luoghi qui trattati sono solo una minima parte di ciò che potrete trovarvi. Quelli trattati non sono gli unici mitrei presenti in loco, per una lista completa vi rimandiamo dunque al link in sitografia.
SITOGRAFIA
Documentazione sui mitrei di Ostia: https://www.ostia-antica.org/dict/topics/mithraea/mithraea.htm
BIBLIOGRAFIA
"Roma, una città, un impero", Anno I-Numero 2 - Marzo 2010, rivista mensile online
DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA:
Parzialmente prodotta da Storia Delle Idee sul posto.
COME LA CORONA DI MITRA DIVENNE L' AUREOLA DI GESU'
articolo pubblicato da Storia e Controstoria
Il mitreo della planta pedis prende il nome da un’orma umana raffigurata nel mosaico. Un altro disegno notevole è quello raffigurante un serpente, ma il piatto forte del sito dovrebbe essere la classica tauroctonia posta sul fondo del corridoio del mitreo. Il problema è che di questa rimangono solo le estremità laterali, essendo scomparsa la tipica scena centrale in cui Mitra uccide il toro accompagnato dai soliti animali. Nei due pezzi residui sono però ancora apprezzabili il Sole e la Luna che nell’iconografia mitraica assistono spesso al sacrificio del toro.
Museo della planta pedis, con l'impronta del piede in primo piano |
La planimetria del mitreo |
Il Sole e la Luna, tutto ciò che resta della tauroctonia del mitreo della planta pedis |
Il mitreo delle sette sfere
In fondo al corridoio del mitreo troviamo l'immancabile tauroctonia, con Mitra che uccide il toro rivolto nella direzione opposta e il cane, il serpente e lo scorpione a completare la scena.
Pianta del mitreo delle sette sfere |
L'interno del mitreo delle sette sfere, in basso i semicerchi che hanno ispirato il nome del luogo e in fondo la classica tauroctonia |
Alla base dei banconi ci sono delle figure, qui è ben presente Cautes con un gallo in mano, ma all'inizio del corridoio si intravede anche Marte |
Dalla parte opposta rispetto a Marte troviamo raffigurata la Luna |
Cautes da vicino |
La tauroctonia da vicino |
Mitreo di Felicissimo
A contendere la palma di mitreo più interessante a quello delle sette sfere c'è il mitreo di Felicissimo, che prende il nome della persona, nota attraverso iscrizione nei mosaici, che ne ha finanziato la costruzione. Anche in questo caso lungo il corridoio si succedono simboli legati ai vari gradi di iniziazione e al dio/pianeta ad essi dedicato:
I) Corvo, coppa e caduceo, riferimenti al grado di corvo e a Mercurio
II) Diadema, luna e lampada, riferimenti al grado di ninfo e a Venere
III) Borsa, elmo e lancia, riferimenti al grado di soldato e a Marte
IV) Saetta, sistro e pala da fuoco, riferimenti al grado di leone e a Giove
V) Spada, falce e luna, riferimenti al grado di persiano e alla Luna
VI) Corona solare, torcia e frusta, riferimenti al grado di corriere del sole e al Sole
VII) Patera, asta, berretto frigio, falcetto, riferimenti al grado di padre e a Saturno
Il corridoio del mitreo di Felicissimo |
Planimetria del mitreo di Felicissimo |
Il nome del fedele che ha finanziato la costruzione del mitreo |
SITOGRAFIA
Documentazione sui mitrei di Ostia: https://www.ostia-antica.org/dict/topics/mithraea/mithraea.htm
BIBLIOGRAFIA
"Roma, una città, un impero", Anno I-Numero 2 - Marzo 2010, rivista mensile online
DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA:
Parzialmente prodotta da Storia Delle Idee sul posto.
COME LA CORONA DI MITRA DIVENNE L' AUREOLA DI GESU'
articolo pubblicato da Storia e Controstoria
La luce del sole e la festa di Natale. Di primo acchito sembrerebbero due estremi: lo splendore luminoso del giorno e il chiarore argenteo della luna d’inverno, il trionfo della natura illuminata dai raggi del sole e il silenzio freddo dell’Avvento, quello denso di timore sacro che accompagna la nascita divina. Eppure alle radici del Natale c’è proprio una festa dedicata al sole, al Sol invictus, l’astro invitto e quindi anche invincibile, quello che sempre sconfiggerà la tenebra, la luce della notte per gli iniziati ai misteri sacri. Da festa pagana del Sole a commemorazione della nascita di Gesù.
Il sole affascina l’umanità dall’alba dei tempi, e il motivo è ovvio. Senza il sole, così come senza l’acqua, non ci sarebbe vita sul pianeta. Al suo splendore rosso-dorato è contrapposto il fievole chiarore lunare. Sol e Luna, due elementi di primaria importanza negli scritti alchemici. Giorno e notte. Caldo e freddo. Maschile e femminile, per quanto in altri idiomi il ruolo maschile spetti alla Luna e quello femminile al Sole. Nella lingua tedesca: der Mond (maschile: la luna) e die Sonne (femminile: il sole).
E se la luna, come scriveva il mago Agrippa da Nettesheim nella sua Occulta Philosophia, era lo scrigno di tutti i segreti degli antichi, il sole rappresentava invece il centro dell’universo, la sapienza raggiante, la luce della Conoscenza, lo spirito di tutte le cose. Il mitico Ermete Trismegisto lo identificò con una divinità maschile invisibile ma sempre presente, il Nascosto. Il faraone eretico Akhenaton ne fece il dio per eccellenza, l’incontrastato Aton signore del cielo.
Eppure la divinità accadica maschile Shamash, raffigurata con il disco solare a otto raggi davanti a sé e la fune di misurazione in pugno, originariamente era…una donna. Cambiò sesso in seguito all’incontro con il dio del sole sumero Utu, allorché si fuse con l’immagine di questi e divenne tutt’uno con essa. Così si trasformò in un potente signore barbuto dal copricapo cornuto. Il santuario principale di Shamash era la ziqqurat di Sippar, città del sole per antonomasia, in cui venivano conservate le tre tavole della Conoscenza.
Sol Invictus e Jupiter Dolicenus, II sec. d. C., Terme di Diocleziano. La divinità solare porta la tpica corona a raggi che appare anche sul capo degli imperatori romani e più tardi, nell’iconografia cristiana, diverrà l’aureola. Dominio pubblico.
Nel cielo egizio, quale pendant di Shamash, splendeva il dio Ra. Il suo ingresso ufficiale nel pantheon degli dèi risale alla III dinastia, fu allora che le sue immagini giunsero a decorare i templi di re Djoser. Forse il fulgore dei suoi raggi aveva oscurato l’importanza di un culto stellare originario che continuò a esistere, ma asservito al dominio di Ra. Signore guerriero, Ra presenta intriganti paralleli con le divinità protoindoeuropee del cielo sempre pronte alla battaglia. Al suo fianco c’è Horus, il falco, che colpisce i nemici con l’arpione. E come i signori indoeuropei portavano il loro carro di battaglia con sé sin nella tomba, così i faraoni egizi si fecero seppellire accanto alla loto barca, la lignea nave di Ra che attraversava il regno del Duat – l’Oltretomba – durante le ore notturne.
Anche la Roma antica di Romolo e Remo aveva il suo dio del sole. La tradizione vuole il culto della divinità Sol Indiges già presente su suolo latino ai tempi della fondazione, istituito dal leggendario re dei Sabini Tito Tazio. Il Sol Indiges veniva adorato insieme al suo pendant Luna in un tempio proprio, che era situato nel Circo Massimo. La giornata in onore del Sol Indiges e della Luna era il 28 agosto, giorno di fine estate. Ma la popolarità di questa divinità antichissima aumentò nel periodo finale della Repubblica e il Sole finì per divenire la divinità protettrice degli imperatori romani.
Vespasiano fece innalzare in suo onore una statua gigantesca, con Traiano e Adriano l’astro fece la sua apparizione sulle monete d’oro degli imperatori, i solidi. A partire dal regno di Commodus, la denominazione invictus divenne un appellativo degli imperatori romani. Traccia archeologica del passaggio del Sole nelle pratiche cultuali, è l’iscrizione di un altare del 158 d. C. che recita “Soli Invicto Dei”. Ma già nel I secolo d. C. il simbolo del Sole accompagnava il nome del dio Mitra, divinità di origine iraniana le cui radici affondano approssimativamente nel 1400 a. C..
Tale processo sincretistico appare abbastanza logico, poiché il Mitra iranico veniva da sempre associato al cielo, alla luce e al calore e, di conseguenza, anche alla crescita e alla fertilità. Anche Mitra, come Sol, era dispensatore di vita e al contempo un dio guerriero. Dalla Persia (antico Iran) il culto di Mitra si diffuse in tutta l’Asia Minore e la Mesopotamia, poi anche nell’impero romano. Nelle raffigurazioni dell’Urbe, Mitra si presentava come giovane eroe immortalato nell’atto di sgozzare un toro. Sul suo capo posava il tipico berretto frigio, attributo che svelava il transfer di tradizione avvenuto attraverso l’Asia Minore.
Il misterioso culto di Mitra
Il culto di Mitra era una religione misterica di iniziazione. Poco sappiamo, dunque, sulle pratiche riservate ai soli iniziati e tenute segrete. In ogni caso i seguaci del mitraismo si riunivano nel cosiddetto mitreum, un luogo sotterraneo, una caverna, una cripta. Indicativo del mitreum erano il vestibolo e la caverna vera e propria, stanza rettangolare con altare, munita di panche alle pareti e detta spelunca. Le panche rivestivano un’importanza particolare nel santuario, perché i riti in onore di Mitra prevedevano dei pasti sacri che venivano consumati in gruppo dai fedeli. Una vicina sorgente d’acqua caratterizzava il mitreum. Diversi simboli che fanno parte dell’iconografia dell’eroe Mitra, richiamano alla memoria i segni zodiacali. Secondo alcuni studiosi l’uccisione del toro rappresentava un fase del ciclo solare, l’equinozio di primavera; secondo altri stava a indicare l’era astrologica del toro.
Il culto di Mitra aveva cominciato a diffondersi a Roma nel I secolo d. C., soprattutto come culto guerresco praticato dai legionari. I più antichi santuari del dio risalgono al II secolo. Però già nel III secolo d. C., e proprio in seguito alla fusione di Mitra con il simbolo del Sol Invictus, il mitraismo stesso iniziò a impallidire, sopraffatto dal più potente culto solare. Soprattutto durante il regno di Aureliano, dopo che la madre dell’imperatore, ardente seguace del Sol invictus, fece costruire un tempio al Sole e fondò una casta sacerdotale allo scopo di attribuire maggiore ufficialità al culto dell’astro dispensatore di vita.
Moneta dell’imperatore Costantino su cui il regnante è raffigurato come Sol invictus, inizio IV secolo.
Tuttavia l’importanza del mitraismo nel mondo romano fu talmente grande, che alcuni studiosi lo considerano il primo concorrente del cristianesimo e altri suo precursore. Sta di fatto che il culto di Mitra era aperto esclusivamente a un pubblico maschile, mentre il cristianesimo accolse anche le donne. Ma i paralleli fra il personaggio Mitra e la figura di Gesù sono tanti. Anche Mitra, come Gesù, era stato mandato sulla terra dal padre per combattere contro il Male; anche Mitra era attorniato da dodici seguaci; anche Mitra celebrò con essi l’ultima cena prima di morire; anche Mitra resuscitò dal regno dei morti; anche Mitra, in qualità di Sol invictus, ha il capo circondato da un’aureola (di raggi solari); anche il culto di Mitra parlava di inferno e cielo, di giudizio universale; anche il giorno dedicato a Mitra era la domenica; anche il gran sacerdote del culto di Mitra veniva chiamato papa e portava il copricapo frigio di colore rosso, un mantello rosso, un anello e un bastone pastorale; anche gli iniziati al mitraismo praticavano un rito di consumazione di pane, vino e acqua.
Poiché il culto di Mitra è molto più antico del cristianesimo, ovviamente sono stati i cristiani a inserire nella propria religioni elementi propri al mitraismo, e non viceversa. Comunque fu dal sincretismo del culto di Mitra e del culto del Sol invictus che si sviluppò la festività del 25 dicembre, originariamente come ricorrenza della nascita di Mitra. Era il Dies solis invicti. Nel periodo più buio dell’anno, alla fine del giorno più breve dell’anno, si festeggiava la festa della luce. Un gesto dal sapore atavico e propiziatorio, che ricorda senz’altro il calendario celtico: la festa di Yule (21 dicembre), notte in cui la dea della fertilità partorisce nel ventre della terra colui che, nel corso del ciclo annuale, sarebbe diventato il dio della luce e suo nuovo compagno.
In hoc signo? La vittoria del cristianesimo
Senza la scelta fatidica dell’imperatore Costantino (ca. 280-337 d. C.), il quale privilegiò il culto cristiano – altresì garantendo per mezzo dell’ Editto di Milano del 313 la libertà di religione in tutto l’impero -, forse il cristianesimo non avrebbe mai raggiunto la popolarità e diffusione che riscontrò in tutto il mondo. Altro fattore decisivo allo sviluppo del cristianesimo è stata l’organizzazione ben funzionante della Chiesa Cattolica, che già alla fine del I secolo d. C. aveva assunto la sua struttura portante ed era in grado di effettuare un’efficiente missione di apostolato. Quando poi l’imperatore Teodosio (ca. 347-395 d. C.) innalzò di fatto il cristianesimo a religione di Stato, la vittoria dell’astro Gesù era ormai suggellata. Con somma sfortuna per i seguaci dei tanti altri culti esistenti nell’impero, che si videro da un momento all’altro accusati di paganesimo ed eresia, e quindi sottoposti a crudeli persecuzioni. Dunque Costantino spianò la via a Teodosio, il luminoso percorso che portò alla vittoria del cristianesimo. Lo storico Hartwig Brandt osserva:
“Il passo dal Sol invictus a Gesù Cristo era breve, e il suo superamento da parte di Costantino fu di certo il risultato di una decisione pragmatica.” (B. Seewald, “Kaiser Konstantin, der brutale Machtpolitiker” da: Die Welt online del 02.12.2014)
Santuario di Mitra, detto mitreum. Santa Maria Capua Vetere. Sullo sfondo è visibile il dio Mitra che uccide il toro. . © Manuel-Mauer GFDL
Nessuna visione divina sul campo di battaglia, quindi. Nessun “In hoc signo vinces”. Come qualsiasi capo di Stato, Costantino era in primis un freddo calcolatore. E può essere che, proprio per un’ironia del destino, quella nuova religione privilegiata dall’imperatore per appoggiare i propri giochi di potere, un giorno abbia contribuito al disfacimento dell’impero stesso. Brandt aggiunge:
“I cristiani non furono di certo i becchini dell’impero. Ma una cosa è chiara: l’impero romano affondava le sue radici in un rapporto di fiducia fra culti e religione. Questa lealtà fu gravemente lesa e distrutta in gran parte proprio dall’intolleranza militante del cristianesimo.” (ibidem)
Ora, dalla penombra della cripta cristiana che tanto ricorda il misterioso mitreum, saliamo i gradini ed entriamo nella chiesa inondata di luce del giorno. Poi abbandoniamo anche l’edificio sacro, le superstizioni del passato. Lasciamo le guerre di religione alle nostre spalle e con esse il colorato universo degli dèi, la lungimiranza politica della pax romana, l’intransigenza dei primi padri della Chiesa e i tanti martiri, pagani o cristiani che fossero.
Nel buio di un inverno come tanti altri e che sempre si ripeterà, cerchiamo la luce dentro noi stessi. Il divino ci circonda nell’aria che respiriamo, nella bellezza della natura e di tutte le meraviglie intorno a noi. Adesso possiamo festeggiare il Natale senza pregiudizi, come si festeggia la notte che precede il ritorno della luce.
Il sole affascina l’umanità dall’alba dei tempi, e il motivo è ovvio. Senza il sole, così come senza l’acqua, non ci sarebbe vita sul pianeta. Al suo splendore rosso-dorato è contrapposto il fievole chiarore lunare. Sol e Luna, due elementi di primaria importanza negli scritti alchemici. Giorno e notte. Caldo e freddo. Maschile e femminile, per quanto in altri idiomi il ruolo maschile spetti alla Luna e quello femminile al Sole. Nella lingua tedesca: der Mond (maschile: la luna) e die Sonne (femminile: il sole).
E se la luna, come scriveva il mago Agrippa da Nettesheim nella sua Occulta Philosophia, era lo scrigno di tutti i segreti degli antichi, il sole rappresentava invece il centro dell’universo, la sapienza raggiante, la luce della Conoscenza, lo spirito di tutte le cose. Il mitico Ermete Trismegisto lo identificò con una divinità maschile invisibile ma sempre presente, il Nascosto. Il faraone eretico Akhenaton ne fece il dio per eccellenza, l’incontrastato Aton signore del cielo.
Eppure la divinità accadica maschile Shamash, raffigurata con il disco solare a otto raggi davanti a sé e la fune di misurazione in pugno, originariamente era…una donna. Cambiò sesso in seguito all’incontro con il dio del sole sumero Utu, allorché si fuse con l’immagine di questi e divenne tutt’uno con essa. Così si trasformò in un potente signore barbuto dal copricapo cornuto. Il santuario principale di Shamash era la ziqqurat di Sippar, città del sole per antonomasia, in cui venivano conservate le tre tavole della Conoscenza.
Sol Invictus e Jupiter Dolicenus, II sec. d. C., Terme di Diocleziano. La divinità solare porta la tpica corona a raggi che appare anche sul capo degli imperatori romani e più tardi, nell’iconografia cristiana, diverrà l’aureola. Dominio pubblico.
Nel cielo egizio, quale pendant di Shamash, splendeva il dio Ra. Il suo ingresso ufficiale nel pantheon degli dèi risale alla III dinastia, fu allora che le sue immagini giunsero a decorare i templi di re Djoser. Forse il fulgore dei suoi raggi aveva oscurato l’importanza di un culto stellare originario che continuò a esistere, ma asservito al dominio di Ra. Signore guerriero, Ra presenta intriganti paralleli con le divinità protoindoeuropee del cielo sempre pronte alla battaglia. Al suo fianco c’è Horus, il falco, che colpisce i nemici con l’arpione. E come i signori indoeuropei portavano il loro carro di battaglia con sé sin nella tomba, così i faraoni egizi si fecero seppellire accanto alla loto barca, la lignea nave di Ra che attraversava il regno del Duat – l’Oltretomba – durante le ore notturne.
Anche la Roma antica di Romolo e Remo aveva il suo dio del sole. La tradizione vuole il culto della divinità Sol Indiges già presente su suolo latino ai tempi della fondazione, istituito dal leggendario re dei Sabini Tito Tazio. Il Sol Indiges veniva adorato insieme al suo pendant Luna in un tempio proprio, che era situato nel Circo Massimo. La giornata in onore del Sol Indiges e della Luna era il 28 agosto, giorno di fine estate. Ma la popolarità di questa divinità antichissima aumentò nel periodo finale della Repubblica e il Sole finì per divenire la divinità protettrice degli imperatori romani.
Vespasiano fece innalzare in suo onore una statua gigantesca, con Traiano e Adriano l’astro fece la sua apparizione sulle monete d’oro degli imperatori, i solidi. A partire dal regno di Commodus, la denominazione invictus divenne un appellativo degli imperatori romani. Traccia archeologica del passaggio del Sole nelle pratiche cultuali, è l’iscrizione di un altare del 158 d. C. che recita “Soli Invicto Dei”. Ma già nel I secolo d. C. il simbolo del Sole accompagnava il nome del dio Mitra, divinità di origine iraniana le cui radici affondano approssimativamente nel 1400 a. C..
Tale processo sincretistico appare abbastanza logico, poiché il Mitra iranico veniva da sempre associato al cielo, alla luce e al calore e, di conseguenza, anche alla crescita e alla fertilità. Anche Mitra, come Sol, era dispensatore di vita e al contempo un dio guerriero. Dalla Persia (antico Iran) il culto di Mitra si diffuse in tutta l’Asia Minore e la Mesopotamia, poi anche nell’impero romano. Nelle raffigurazioni dell’Urbe, Mitra si presentava come giovane eroe immortalato nell’atto di sgozzare un toro. Sul suo capo posava il tipico berretto frigio, attributo che svelava il transfer di tradizione avvenuto attraverso l’Asia Minore.
Il misterioso culto di Mitra
Il culto di Mitra era una religione misterica di iniziazione. Poco sappiamo, dunque, sulle pratiche riservate ai soli iniziati e tenute segrete. In ogni caso i seguaci del mitraismo si riunivano nel cosiddetto mitreum, un luogo sotterraneo, una caverna, una cripta. Indicativo del mitreum erano il vestibolo e la caverna vera e propria, stanza rettangolare con altare, munita di panche alle pareti e detta spelunca. Le panche rivestivano un’importanza particolare nel santuario, perché i riti in onore di Mitra prevedevano dei pasti sacri che venivano consumati in gruppo dai fedeli. Una vicina sorgente d’acqua caratterizzava il mitreum. Diversi simboli che fanno parte dell’iconografia dell’eroe Mitra, richiamano alla memoria i segni zodiacali. Secondo alcuni studiosi l’uccisione del toro rappresentava un fase del ciclo solare, l’equinozio di primavera; secondo altri stava a indicare l’era astrologica del toro.
Il culto di Mitra aveva cominciato a diffondersi a Roma nel I secolo d. C., soprattutto come culto guerresco praticato dai legionari. I più antichi santuari del dio risalgono al II secolo. Però già nel III secolo d. C., e proprio in seguito alla fusione di Mitra con il simbolo del Sol Invictus, il mitraismo stesso iniziò a impallidire, sopraffatto dal più potente culto solare. Soprattutto durante il regno di Aureliano, dopo che la madre dell’imperatore, ardente seguace del Sol invictus, fece costruire un tempio al Sole e fondò una casta sacerdotale allo scopo di attribuire maggiore ufficialità al culto dell’astro dispensatore di vita.
Moneta dell’imperatore Costantino su cui il regnante è raffigurato come Sol invictus, inizio IV secolo.
Tuttavia l’importanza del mitraismo nel mondo romano fu talmente grande, che alcuni studiosi lo considerano il primo concorrente del cristianesimo e altri suo precursore. Sta di fatto che il culto di Mitra era aperto esclusivamente a un pubblico maschile, mentre il cristianesimo accolse anche le donne. Ma i paralleli fra il personaggio Mitra e la figura di Gesù sono tanti. Anche Mitra, come Gesù, era stato mandato sulla terra dal padre per combattere contro il Male; anche Mitra era attorniato da dodici seguaci; anche Mitra celebrò con essi l’ultima cena prima di morire; anche Mitra resuscitò dal regno dei morti; anche Mitra, in qualità di Sol invictus, ha il capo circondato da un’aureola (di raggi solari); anche il culto di Mitra parlava di inferno e cielo, di giudizio universale; anche il giorno dedicato a Mitra era la domenica; anche il gran sacerdote del culto di Mitra veniva chiamato papa e portava il copricapo frigio di colore rosso, un mantello rosso, un anello e un bastone pastorale; anche gli iniziati al mitraismo praticavano un rito di consumazione di pane, vino e acqua.
Poiché il culto di Mitra è molto più antico del cristianesimo, ovviamente sono stati i cristiani a inserire nella propria religioni elementi propri al mitraismo, e non viceversa. Comunque fu dal sincretismo del culto di Mitra e del culto del Sol invictus che si sviluppò la festività del 25 dicembre, originariamente come ricorrenza della nascita di Mitra. Era il Dies solis invicti. Nel periodo più buio dell’anno, alla fine del giorno più breve dell’anno, si festeggiava la festa della luce. Un gesto dal sapore atavico e propiziatorio, che ricorda senz’altro il calendario celtico: la festa di Yule (21 dicembre), notte in cui la dea della fertilità partorisce nel ventre della terra colui che, nel corso del ciclo annuale, sarebbe diventato il dio della luce e suo nuovo compagno.
In hoc signo? La vittoria del cristianesimo
Senza la scelta fatidica dell’imperatore Costantino (ca. 280-337 d. C.), il quale privilegiò il culto cristiano – altresì garantendo per mezzo dell’ Editto di Milano del 313 la libertà di religione in tutto l’impero -, forse il cristianesimo non avrebbe mai raggiunto la popolarità e diffusione che riscontrò in tutto il mondo. Altro fattore decisivo allo sviluppo del cristianesimo è stata l’organizzazione ben funzionante della Chiesa Cattolica, che già alla fine del I secolo d. C. aveva assunto la sua struttura portante ed era in grado di effettuare un’efficiente missione di apostolato. Quando poi l’imperatore Teodosio (ca. 347-395 d. C.) innalzò di fatto il cristianesimo a religione di Stato, la vittoria dell’astro Gesù era ormai suggellata. Con somma sfortuna per i seguaci dei tanti altri culti esistenti nell’impero, che si videro da un momento all’altro accusati di paganesimo ed eresia, e quindi sottoposti a crudeli persecuzioni. Dunque Costantino spianò la via a Teodosio, il luminoso percorso che portò alla vittoria del cristianesimo. Lo storico Hartwig Brandt osserva:
“Il passo dal Sol invictus a Gesù Cristo era breve, e il suo superamento da parte di Costantino fu di certo il risultato di una decisione pragmatica.” (B. Seewald, “Kaiser Konstantin, der brutale Machtpolitiker” da: Die Welt online del 02.12.2014)
Santuario di Mitra, detto mitreum. Santa Maria Capua Vetere. Sullo sfondo è visibile il dio Mitra che uccide il toro. . © Manuel-Mauer GFDL
Nessuna visione divina sul campo di battaglia, quindi. Nessun “In hoc signo vinces”. Come qualsiasi capo di Stato, Costantino era in primis un freddo calcolatore. E può essere che, proprio per un’ironia del destino, quella nuova religione privilegiata dall’imperatore per appoggiare i propri giochi di potere, un giorno abbia contribuito al disfacimento dell’impero stesso. Brandt aggiunge:
“I cristiani non furono di certo i becchini dell’impero. Ma una cosa è chiara: l’impero romano affondava le sue radici in un rapporto di fiducia fra culti e religione. Questa lealtà fu gravemente lesa e distrutta in gran parte proprio dall’intolleranza militante del cristianesimo.” (ibidem)
Ora, dalla penombra della cripta cristiana che tanto ricorda il misterioso mitreum, saliamo i gradini ed entriamo nella chiesa inondata di luce del giorno. Poi abbandoniamo anche l’edificio sacro, le superstizioni del passato. Lasciamo le guerre di religione alle nostre spalle e con esse il colorato universo degli dèi, la lungimiranza politica della pax romana, l’intransigenza dei primi padri della Chiesa e i tanti martiri, pagani o cristiani che fossero.
Nel buio di un inverno come tanti altri e che sempre si ripeterà, cerchiamo la luce dentro noi stessi. Il divino ci circonda nell’aria che respiriamo, nella bellezza della natura e di tutte le meraviglie intorno a noi. Adesso possiamo festeggiare il Natale senza pregiudizi, come si festeggia la notte che precede il ritorno della luce.
I culti, i templi e i luoghi sacri della città di Ostia
La bellezza di Ostia Antica risiede tutta nel suo passato millenario e nelle sue attrazioni archeologiche che la rendono il simbolo per eccellenza della antica storia romana. Per questo, visitando i luoghi sacri di Ostia Antica si fa un viaggio nel passato, alla scoperta di culti antichi e di templi conservati splendidamente.
La storia ha rivelato che Ostia Antica è stata teatro di diversi religioni: dalle divinità del Pantheon romano, a quelle egizie (Iside), passando per quelle persiane (Mitra) ed ebraiche.
Gli scavi hanno portato alla luce i luoghi sacri di Ostia dove venivano celebrati i riti per ciascuna di esse.
I culti orientali: Cibele, Iside e Mitra.
Cibele, la Magna Mater.
La Grande Madre, di uomini e dèi, la mai nata, l’Eterna. È cosi che veniva definita la vergine Cibele, il cui culto arrivò ad Ostia all’epoca dell’imperatore Adriano. Il santuario consiste in un campo di forma triangolare, con il tempio di Attis situato in fondo. Qui furono ritrovate statue e altre testimonianze delle cerimonie che venivano effettuate in onore della dea.
La dea egizia Iside.
Protettrice dei faraoni, il culto della dea Iside era legato alle cerimonie di apertura del mare: i navigum Isidis. La presenza dei suoi adepti è testimoniata dal ritrovamento di un piccolo santuario, a lei dedicato, nel centro della città.
Il culto del dio persiano Mitra.
Particolarmente celebrato a Ostia era il dio persiano Mitra, specie tra i soldati e tra i mercanti provenienti da Oriente. Le origini di questo culto però non sono ancora ben chiare e gli studiosi si dividono tra numerose ipotesi. Ad Ostia sono presenti 18 mitrei e dei luoghi di incontro dei seguaci del Mitraismo. Nell’area romana sono state ritrovate più di 75 statue e più di 100 iscrizioni mitraiche.
La Sinagoga di Ostia Antica.
Tra tutti i luoghi sacri di Ostia scoperti, una menzione particolare la merita la Sinagoga più antica del Mediterraneo. Testimonianza dell’antica comunità ebraica ostiense, la sua costruzione risale alla metà del I secolo d.C., periodo in cui era incrementata la popolazione ebraica ad Ostia, per via del porto realizzato dall’Imperatore Claudio. Secondo gli studiosi, questa splendida testimonianza archeologica della diaspora ebraica, risale a prima della distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 d.C. La Sinagoga è formata da una sala per la lettura della Legge, l’edicola della Torah, colonne con una rappresentazione della Menorah, la stanza con il forno per la preparazione del pane azzimo, un’aula di preghiera, una vasca per il bagno rituale, un lavacro in vista del seppellimento e un pozzo.
Il culto di Ercole.
Nell’antica Ostia, i comandanti militari delle flotte veneravano particolarmente Ercole. Il suo tempio, costruito fra il secondo e il primo secolo a.C, domina l’area dei templi repubblicani. La testimonianza del culto di Ercole è ribadita dalla raffigurazione nel tempio di tre scene in sequenza che mostrano dei pescatori intenti a ritirare le reti, ripescare una statua del dio della guerra e ricevere da essa, ripiegata in un contenitore, il responso di un oracolo. Al centro del prodromo, poi, era presente un altare marmoreo dedicato al “deo invicto Herculi”.
Area dell’Iseo Portuense
Il rinvenimento dell'Iseo
Nel 1969, durante la costruzione di un serbatoio nel terreno della raffineria S.a.r.o.m. (Società Anonima di Raffinazione degli Olii Minerali), furono scoperti diversi resti archeologici, attualmente non più visibili. Scavi successivi condotti nel 1975-77 portarono alla luce alcune strutture, collocate intorno a un cortile trapezoidale; l’edificio settentrionale è stato interpretato come impianto termale della fine del II secolo d.C., mentre nel complesso meridionale si è riconosciuto il santuario di Iside Pharia, divinità egizia che in età ellenistica divenne protettrice dei naviganti.
Il santuario di Iside o Iseo Portuense era già noto da alcune iscrizioni poste dai fedeli, relative soprattutto agli ultimi restauri condotti nel 375-378 d.C., pochi anni prima della soppressione dei culti pagani da parte dell’imperatore Teodosio (380 d.C.). L’identificazione del tempio è avvenuta grazie al ritrovamento di una grande statua in marmo bigio antico, raffigurante un personaggio femminile panneggiato accompagnato da un serpente; la statua raffigurava certamente Iside con il serpente Agathodaimon (“genio benevolo”) ed è attualmente conservata al Museo Ostiense, presso gli scavi di Ostia Antica.
Il campo della Magna Mater
La nostra visita, mirata soprattutto alla ricerca dei vari mitrei, molti dei quali non riportati nelle mappe fornite ai turisti e di difficile localizzazione, ci ha permesso di apprezzare i resti di tanti altri edifici. In effetti l’antica città è ricca soprattutto di luoghi di culto di ogni tipo, dai templi dedicati alle antiche divinità romane a quelli riservati ai culti di origine orientale. Avendo tempo e voglia di esplorare si potranno trovare il serapeo, il tempio di Attis, la basilica cristiana e la sinagoga.
Ad esempio all’estrema periferia sud del sito, alla fine del cardo massimo, si trova il campo della Magna Mater, così chiamato per la presenza di diversi luoghi di culto legati alla dea Cibele, conosciuta anche come Grande Madre. Oltre ad un tempio dedicato espressamente alla dea, è ancora visibile un tempio dedicato ad Attis, l’amato della dea.
La nostra visita, mirata soprattutto alla ricerca dei vari mitrei, molti dei quali non riportati nelle mappe fornite ai turisti e di difficile localizzazione, ci ha permesso di apprezzare i resti di tanti altri edifici. In effetti l’antica città è ricca soprattutto di luoghi di culto di ogni tipo, dai templi dedicati alle antiche divinità romane a quelli riservati ai culti di origine orientale. Avendo tempo e voglia di esplorare si potranno trovare il serapeo, il tempio di Attis, la basilica cristiana e la sinagoga.
Ad esempio all’estrema periferia sud del sito, alla fine del cardo massimo, si trova il campo della Magna Mater, così chiamato per la presenza di diversi luoghi di culto legati alla dea Cibele, conosciuta anche come Grande Madre. Oltre ad un tempio dedicato espressamente alla dea, è ancora visibile un tempio dedicato ad Attis, l’amato della dea.
Tempio di Cibele |
Tempio di Cibele |
Tempio di Attis |
Attis disteso, evirato come vuole il mito |
Le statue di Pan ai lati del tempio di Attis |