- Scritto da Redazione de Gliscritti: 09 /12 /2011 - 14:48 pm
- Tag usati: santa_maria_maggiore, scritti_andrea_lonardo
Riprendiamo parte della trascrizione dell'incontro tenuto da Andrea Lonardo sulla basilica di Santa Maria Maggiore e i primi concili della Chiesa per accompagnare le immagini dei mosaici del V secolo con le storie dell'Antico Testamento della navata centrale. Restiamo a disposizione per l'immediata rimozione se la presenza on-line delle foto non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto.
Il Centro culturale Gli scritti (9/12/2011)
L’importanza dei mosaici della navata di Santa Maria Maggiore è eccezionale perché è il primo esempio cristiano conservatosi quasi integralmente di rivestimento che oltre ad una funzione decorativa, insegna. Raccontando per immagini la storia sacra, annuncia la "buona novella" della salvezza. Rimane in essa intatta l’idea dell’edificio che guida, accompagnandolo, il muoversi fisico e spirituale del fedele verso il luogo del sacrificio liturgico, ma è presente anche quella di edificio sacro che fa suo l’evangelico ite et docete. La basilica diventa così un annuncio della salvezza fatto spazio, attraverso la sua struttura e, soprattutto, attraverso il racconto figurato ad essa sovrapposto. In tal senso S. Maria Maggiore anticipa una delle funzioni che, nel corso del medioevo, verranno assegnate alla "decorazione" delle pareti interne delle chiese, momento essenziale, non più accessorio, della modulazione spaziale.
I mosaici della navata centrale e quelli dell’arco trionfale risalgono al tempo stesso dell'edificazione della basilica, quindi alla metà del V secolo, e costituiscono il più importante ciclo musivo paleocristiano conservatosi a Roma. Lo stile dei riquadri è osservabile solo con un buon binocolo, che permetterà di ammirare il carattere non "disegnato" delle figure, delle architetture e dei tipi dei personaggi: poche tessere con pochi tocchi di colore, quasi lasciati cadere a caso, producono un effetto complessivo di grande suggestione impressionistica.
Vi lascio l'elenco delle diverse scene per poter tornare ad osservarle una per una. Nell'ambito del nostro tema interessa qui sottolineare piuttosto l'insieme. Tutta la rivelazione divina che si snoda da Abramo a Giacobbe, a Mosè, a Giosué, tende verso Maria Madre di Dio e, tramite lei, verso il Cristo. La storia sacra non è così semplicemente fatta di episodi frammentari e slegati fra di loro, bensì è un unico disegno di salvezza che ha la sua chiave di comprensione nell'incarnazione.
Tutta la patristica, pur nella diversità di metodi interpretativi della Scrittura stessa, convergeva su di un punto centrale, come ha dimostrato nei suoi importantissimi studi M. Simonetti:sempre l'Antico Testamento era letto insieme al Nuovo, perché esso è stato scritto per la fede cristiana in relazione a Cristo. Sia che si facesse un esegesi più allegorica, come ad Alessandria, sia che l'esegesi fosse più legata alla storia, come nella scuola antiochena, l'unità di Antico e Nuovo Testamento era comunque ovvio per tutti i diversi maestri del tempo.
Un'ultima notazione: vi accorgete che alcuni pannelli sono scomparsi per l'apertura delle due grandi cappelle laterali vicino all'altare, la Paolina e la Sistina, là dove vedete i due grandi archi. Altri pannelli, invece, essendosi deteriorati furono nel corso dei secoli sostituiti con affreschi che riprendono l'iconografia di quelli antichi.
Questo l'elenco dei pannelli che illustrano storie dell’Antico Testamento che preparano l’incarnazione.
Si tratta di 27 riquadri (12 a sinistra e 15 a destra) superstiti degli originali 42, andati distrutti nel 1500 ed in alcuni casi sostituiti da affreschi. In altri casi, alcuni dei pannelli superstiti sono stati completati con ridipinture laddove il mosaico era andato perso. Nei riquadri, alcuni dei quali contengono due scene, sono rappresentate storie dell’Antico Testamento.
Sul lato sinistro, scene tratte dalla Genesi e riferite ad Abramo, Isacco e Giacobbe. Sul lato destro, scene dai libri dell’Esodo, dei Numeri e di Giosuè. E’ quest’ultimo lato a raccogliere i mosaici più scenografici quali il passaggio del Mar Rosso o scene di battaglia quali la vittoria contro Amalek.
Sul lato sinistro 12 dei 18 pannelli originali
riproducono scene tratte dalla Genesi, imperniate sulle figure dei patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe, ma solo dodici conservano i mosaici originari.
1) l'episodio occupa l'intero pannello, Melchisedech viene incontro ad Abramo offrendogli pane e vino (Gen. 14,17-20), mentre Cristo stende dall’alto il suo braccio, prefigurazione del sacrificio incruento eucaristico .Abramo a cavallo, rappresentsato come un imperatore romano, nel gesto dell'allocuzio (nell'atto dell'adlocutio). La vicinanza all’arco trionfale dice la centralità del rapporto con Cristo e con i sacramenti che si vuole evidenziare nel racconto di Genesi. La vicinanza all’arco trionfale dice la centralità del rapporto con Cristo e con i sacramenti che si vuole evidenziare nel racconto di Genesi.
3) La separazione di Abramo, a sinistra, che pone la mano sul capo di Isacco, e di Lot con le due figlie (Gen 13,8-12); in basso due gruppi di animali con pastori, simboli della separazione fra i due (Gen 13,5-7).
Segue l’arco, aperto nel XVII secolo in occasione della costruzione della cappella Paolina. I tre mosaici ubicati in questo spazio furono distrutti. Il ciclo continua ora con:
4) In alto Isacco benedice Giacobbe alla presenza di Rebecca (Gen 27,22-29) e, in basso, Esaù che si presenta al padre, ritornando dalla caccia (Gen 27,30-31).
5) Il pannello che segue è un dipinto raffigurante il sogno di Giacobbe (Gen 28,11-15).
6) In alto Rachele annuncia a Labano l’arrivo di Giacobbe (Gen 29,12), Labano e Giacobbe si abbracciano (Gen 29,13) e, in basso, Labano introduce Giacobbe nella propria casa (Gen 29,13b) a destra.
7) Giacobbe, a destra, chiede in moglie Rachele a Labano e quest’ultimo al centro che indica a sinistra il gregge da servire per sette anni (Gen 29,15-19).
8) A sinistra in alto, Giacobbe lascia il gregge per chiedere in sposa Rachele e, in basso, invita gli amici alle nozze, che a destra vengono celebrate con la dextrarum iunctio (Gen 29,21-22).
9) Giacobbe chiede a Labano gli agnelli chiazzati, in alto. In basso, la divisione del gregge (Gen 30,25-35).
10) A sinistra Giacobbe fa vedere le verghe chiazzate agli armenti (Gen 30,37-43). A destra il Signore dice a Giacobbe di partire. In basso Giacobbe annuncia alle donne (Rachele e Lia) la sua partenza (Gen 31,3-16).
11) Affresco di età posteriore fuori sequenza con Giacobbe che crede di riconoscere la veste insanguinata del figlio Giuseppe, che invece è stato venduto in Egitto (Gen 37,33-34).
12) A sinistra in alto, l’arrivo dei messi di Giacobbe al cospetto di Esaù (Gen 32,3-5) e, a destra, i messi informano Giacobbe e le due mogli (Gen 32,6). In basso, probabilmente, l’abbraccio dei due fratelli molto deteriorato (Gen 33,3-5).
13) Mosaico cinquecentesco fuori sequenza con i preparativi per il sacrificio di Isacco (ovviamente la scena avrebbe dovuto precedere le storie di Giacobbe, perchè isacco è figlio di Abramo e padre di Giacobbe), .
14) In alto, Camor e il figlio Sichem chiedono a Giacobbe la mano della figlia Dina (Gen 34,4-5) e, in basso, gli altri fratelli tornano irati dai campi (Gen 34,7).
15) In alto, i fratelli di Dina discutono con Camor e Sichem (Gen 34,8-18) e, in basso, riferiscono agli altri sull’accordo raggiunto (Gen 34,20-23).
16-17-18) Gli ultimi tre pannelli sono dipinti di epoca successiva e tematicamente fuori sequenza.
Sul lato destro dei 18 pannelli ne restano 15 a mosaico.
Riproducono scene tratte dai libri dell’Esodo, dei Numeri e di Giosuè. Insieme testimoniano l’aiuto miracoloso di Dio, nel cammino che condurrà alla terra promessa. È la preparazione del miracolo per eccellenza, l’Incarnazione del Figlio.
Partendo dal presbiterio abbiamo:
1) Un primo pannello dipinto fuori sequenza.
1) Un primo pannello dipinto fuori sequenza.
2) In alto, Mosè, nelle vesti di un soldato romano, viene adottato dalla figlia del Faraone (Es 2,9-10) e, in basso, Mosè disputa con i filosofi, episodio tratto da Filone di Alessandria.
3) In alto, Mosè sposa Zippora (Es 2,21) e, in basso, Dio chiama Mosè dal roveto ardente (Es 3,1-4).
Segue l’arco, aperto davanti alla cappella di Sisto V, che sostituì tre pannelli.
5) In alto a sinistra, mormorazione del popolo contro Mosè e Aronne (Es 16,2-3) e, a destra, Dio che parla a Mosè (Es 16,4-5). In basso, il miracolo delle quaglie (Es 16,13).
6) In alto a destra, il popolo si lamenta dell’amarezza dell’acqua (Es 15, 24) e, a sinistra, Mosè parla con Dio che gli ordina di rendere dolce l’acqua, immergendovi un legno, “tipo” della croce (Es 15, 25). In basso, Mosè ordina a Giosuè di combattere contro Amalek (Es 17, 9).
7) Vittoria contro Amalek, a causa della preghiera di Mosè, Aronne e Cur sul monte (Es 17, 10-13); l'episodio occupa l'intero pannello.
8) In alto, ritorno degli esploratori della terra promessa (Nm 13,26-33) e, in basso, tentativo di lapidazione di Mosè, Giosuè e Caleb (Nm 14,10).
9) In alto a sinistra, Mosè consegna ai sacerdoti il libro della Legge da porre accanto all’Arca dell’Alleanza (Dt 31,24-29), in alto a destra, Mosè muore sul monte Nebo (Dt 35,1-5). (Prima di morire sulla riva orientale del Giordano, Mosè designa Giosuè come suo successore e lo incarica di attraversare il fiume e di condurre il popolo alla conquista del paese di Canaan. Giosuè è figlio di Nun non di Mosè). In basso, Giosuè ordina ai sacerdoti di passare davanti al popolo con l’Arca dell’Alleanza (Gs 3,6).
10) In alto, miracoloso passaggio del Giordano (Gs 3,14-4,11) e, in basso, invio degli esploratori a Gerico, con Raab che, avendoli nascosti, sulle mura nega all’inviato del re la loro presenza (Gs 2,1-6).
11) In alto, apparizione a Giosuè del Capo delle schiere celesti (Gs 5,13-16) e, in basso, fuga da Gerico degli esploratori che scendono le mura aiutati da Raab e, arrivati al campo, relazionano a Giosuè (Gs 2,15-24).
12) In alto, l’accerchiamento di Gerico e, in basso, la processione dell’Arca al suono delle trombe (Gs 6,1-18).
13) In alto a destra, l’assedio da parte dei cinque re amorrei della città di Gabaon, alleata di Israele, e, in alto a sinistra, i Gabaoniti che chiedono aiuto a Giosuè. In basso a sinistra l’apparizione del Signore a Giosuè e, in basso a destra, Giosuè che marcia a cavallo per soccorrere Gabaon con i suoi (Gs 10,5-9).
14) In alto, Giosuè combatte contro gli amorrei (Gs 10,10) e, in basso, Pioggia miracolosa di pietre sui nemici di Israele (Gs 10,11).
15) Il sole e la luna si fermano su Gabaon (Gs 10,12-14); l'episodio occupa l'intero pannello.
16) In alto, i re ribelli vengono condotti a Giosuè e, in basso, Giosuè ordina di punirli (Gs 10,22-25).
16) In alto, i re ribelli vengono condotti a Giosuè e, in basso, Giosuè ordina di punirli (Gs 10,22-25).
17-18) Gli ultimi due pannelli sono fuori sequenza e sono dipinti di epoca successiva.
In occasione dell’Anno Santo del 1600
il cardinale Domenico Pinelli "risarcì la navata di mezzo", ossia il ciclo musivo eseguito sotto Sisto III.
Il programma di "ridecorazione" prevedeva il restauro di alcuni mosaici, la sostituzione di quegli ormai irrecuperabili con affreschi, e la chiusura di venti delle quaranta finestre che si aprivano sulle pareti della navata centrale, e la nuova decorazione con affreschi raffiguranti storie del Nuovo Testamento.
Vennero raffigurati ventiquattro "misteri divini" che evidenziano il ruolo di Maria nella redenzione dell’umanità.
Seguendo l’ordine logico, dall’altare maggiore verso l’ingresso a destra: Gloria angelica, I Santi Gioacchino e Anna e l’Immacolata Concezione, La nascita della Vergine (il solo affresco settecentesco di tutta la serie realizzato nel 1742 durante i restauri del Fuga), La presentazione al Tempio di Maria, lo Sposalizio della Vergine, l’Annunciazione, il Sogno di Giuseppe, la Visitazione, l’Adorazione dei Pastori, l’Adorazione dei Magi, la Circoncisione.
Sulla parete d’ingresso: la Fuga in Egitto. Sull’altra parete: Gesù cresce a Nazareth, la Santa Famiglia ritorna al Tempio, le Nozze di Cana, la Caduta di Cristo sul Calvario, la Crocifissione e il Compianto, Cristo agli Inferi, la Resurrezione, l’Ascensione, la Pentecoste, la Morte di Maria (eseguito nel 1614, dopo l’apertura della cappella Paolina), l’Assunzione, l’Incoronazione di Maria.
L’iconografia dei nuovi affreschi conclude, a distanza di quindici secoli, il ciclo della Storia della Salvezza, collegandosi ai mosaici sottostanti e a quelli dell’arco trionfale.
Santa Maria Maggiore: le storie dell’Arco Trionfale
Fabrizio Sciarretta 07 Nov , 2020 2
Il mosaico dell’arco trionfale è Alto nove metri e largo sedici, tutto sommato in buono stato se consideriamo i suoi sedici secoli di storia, è una testimonianza maestosa dei grandi mosaici della Roma cristiana.
Antico quanto la basilica di Santa Maria Maggiore (costruita durante il pontificato di Sisto III tra il 432 e il 440 d.C.), è una delle poche testimonianze sopravvissute a Roma di mosaici cristiani realizzati nel V sec. da mosaicisti di scuola romana, pre bizantina.
Nel 1915 scriveva Monsignor Giovanni Biasiotti (1869-1939) nel Bollettino d’Arte, storica pubblicazione del Ministero dei Beni Culturali:
“…invero i mosaici dell’arco trionfale eli S. Maria Maggiore sono un poema epico che l’arte compose ad esaltazione dell’Uomo Dio e della Vergine Madre di Dio… Furono però questi gli ultimi bagliori che l’arte classica, convertita alla nuova fede, mandò in Roma. Tutti i quadri del mosaico dell’arco trionfale della Basilica Liberiana hanno una freschezza, un’espressione vivissima di sentimento e di affetto, un carattere veramente drammatico che solo derivano dall’arte imperiale romana…. Insomma, nulla di bizantino, come taluni vorrebbero, in quel grandioso mosaico, in cui domina invece il classicismo con quell’armonia mirabile di eleganza e di splendore che fanno di esso la più bella manifestazione cii arte decorati va della prima metà ciel V secolo in Roma”.
Il mosaico dell’arco trionfale è Alto nove metri e largo sedici, tutto sommato in buono stato se consideriamo i suoi sedici secoli di storia, è una testimonianza maestosa dei grandi mosaici della Roma cristiana.
Antico quanto la basilica di Santa Maria Maggiore (costruita durante il pontificato di Sisto III tra il 432 e il 440 d.C.), è una delle poche testimonianze sopravvissute a Roma di mosaici cristiani realizzati nel V sec. da mosaicisti di scuola romana, pre bizantina.
Nel 1915 scriveva Monsignor Giovanni Biasiotti (1869-1939) nel Bollettino d’Arte, storica pubblicazione del Ministero dei Beni Culturali:
“…invero i mosaici dell’arco trionfale eli S. Maria Maggiore sono un poema epico che l’arte compose ad esaltazione dell’Uomo Dio e della Vergine Madre di Dio… Furono però questi gli ultimi bagliori che l’arte classica, convertita alla nuova fede, mandò in Roma. Tutti i quadri del mosaico dell’arco trionfale della Basilica Liberiana hanno una freschezza, un’espressione vivissima di sentimento e di affetto, un carattere veramente drammatico che solo derivano dall’arte imperiale romana…. Insomma, nulla di bizantino, come taluni vorrebbero, in quel grandioso mosaico, in cui domina invece il classicismo con quell’armonia mirabile di eleganza e di splendore che fanno di esso la più bella manifestazione cii arte decorati va della prima metà ciel V secolo in Roma”.
Le osservazioni di Monsignor Biasiotti sul legame diretto tra l’arte musiva della Roma imperiale e, diciamo così, pagana e i mosaici dell’arco trionfale di Santa Maria Maggiore è di discendenza diretta.
Questi mosaici raccontano storie. Sono una rappresentazione teatrale. Insegnano e testimoniano al fedele le Scritture. Come sappiamo, proprio il fatto di privilegiare il racconto, l’interazione tra i protagonisti del mosaico, il rapporto diretto tra opera e spettatore, sono caratteristiche dell’arte musiva romana. Viceversa, essa andrà trasformandosi nei secoli successivi alla caduta dell’Impero in una rappresentazione sempre più statica. In essa le singole figure perderanno l’interazione reciproca ed anche la capacità di raccontare.
Questi mosaici raccontano storie. Sono una rappresentazione teatrale. Insegnano e testimoniano al fedele le Scritture. Come sappiamo, proprio il fatto di privilegiare il racconto, l’interazione tra i protagonisti del mosaico, il rapporto diretto tra opera e spettatore, sono caratteristiche dell’arte musiva romana. Viceversa, essa andrà trasformandosi nei secoli successivi alla caduta dell’Impero in una rappresentazione sempre più statica. In essa le singole figure perderanno l’interazione reciproca ed anche la capacità di raccontare.
Mosaici della navata e dell’arco trionfale: quale rapporto?
Esiste un rapporto diretto tra i temi rappresentati nei mosaici del ciclo della navata centrale della basilica e quelli dell’arco.
Infatti, i mosaici della navata descrivono storie tratte dall’Antico Testamento. Viceversa, i mosaici dell’arco si riferiscono al Nuovo Testamento e più specificamente all’infanzia di Gesù. Dunque, possiamo dire che in senso figurato i mosaici della navata guidino i fedele che attraversando lo spazio sacro muova dall’ingresso della basilica verso l’abside in un viaggio attraverso le Scritture dai protagonisti più antichi di queste fino al Messia.
Contaminazioni Bizantine
Le vesti di alcuni personaggi rimandano ad iconografie specifiche dell’Impero Romano d’Oriente. Per inciso è molto interessante notare come i mosaicisti abbiano ampiamente rappresentato i personaggi in abiti romani ma quando si guardi ad Oriente (i Re Magi, Maria e il bambino Gesù) allora prevalgano costumi di derivazione bizantina. Guardate la Madonna rappresentata nelle vesti di imperatrice (basilissa). Oppure notate nell’Adorazione dei Magi come Gesù sia rappresentato come un bambino re, seduto su un trono.
Esiste un rapporto diretto tra i temi rappresentati nei mosaici del ciclo della navata centrale della basilica e quelli dell’arco.
Infatti, i mosaici della navata descrivono storie tratte dall’Antico Testamento. Viceversa, i mosaici dell’arco si riferiscono al Nuovo Testamento e più specificamente all’infanzia di Gesù. Dunque, possiamo dire che in senso figurato i mosaici della navata guidino i fedele che attraversando lo spazio sacro muova dall’ingresso della basilica verso l’abside in un viaggio attraverso le Scritture dai protagonisti più antichi di queste fino al Messia.
Contaminazioni Bizantine
Le vesti di alcuni personaggi rimandano ad iconografie specifiche dell’Impero Romano d’Oriente. Per inciso è molto interessante notare come i mosaicisti abbiano ampiamente rappresentato i personaggi in abiti romani ma quando si guardi ad Oriente (i Re Magi, Maria e il bambino Gesù) allora prevalgano costumi di derivazione bizantina. Guardate la Madonna rappresentata nelle vesti di imperatrice (basilissa). Oppure notate nell’Adorazione dei Magi come Gesù sia rappresentato come un bambino re, seduto su un trono.
Niente a che vedere con il bue e l’asinello che popolano oggi il nostro immaginario collettivo.
I mosaici furono posti in essere da papa Sisto III, negli anni a cavallo fra i due sacchi di Roma quello del 410 e il successivo del 455, siamo negli anni della così detta rinascita Paleocristiana, che vede l'imperatore Valentiniano III tornare a Roma, per restaurarla appunto.
A livello iconografico, i mosaici ripropongono delle immagini già presenti nei cicli commissionati da Galla Placidia*, madre di Valentiniano III. che testimoniano la migrazione di immagini della civiltà pagana a quella cristiana. Modelli usati in via sperimentale, migrazione di immagini, adeguazione di una cultura antica ad una nuova.
Alcuni dettagli come le architetture, i tendaggi o l'iconografia dei Re Magi le ritroviamo nei mosaici della basilica Ravennate DI SANT’APOLLINARE NUOVO – da non confondere con quella di Sant’Apollinare in Classe subito fuori dalla città – realizzata tra la fine del V e l’inizio del VI secolo d.C. dal sovrano goto Teoderico (493-526) accanto al suo palazzo, come cappella palatina legata al culto ariano.
Nella fascia superiore troviamo a sinistra l’Annunciazione e a destra la presentazione di Gesù al Tempio.
MARIA FILA IL FILO SCARLATTO NEL PROTOEVANGELO DI GIACOMO
A Maria tocca poi di filare con il filo scarlatto il velo del Tempio:
«10.1 Ci fu un consiglio dei sacerdoti, e dissero: "Facciamo una tenda per il tempio del Signore". Il sacerdote disse: "Chiamatemi delle vergini senza macchia della tribù di David". I ministri andarono, cercarono, e trovarono sette vergini.
Il sacerdote si ricordò della fanciulla Maria, dato che era della tribù di David e senza macchia davanti a Dio.
I ministri andarono e la condussero.
Le introdussero poi nel tempio del Signore, e il sacerdote disse: "Su, tirate a sorte chi filerà l'oro, l'amianto, il bisso, la seta, il giacinto, lo scarlatto e la porpora genuina".
A Maria toccò la porpora genuina e lo scarlatto: li prese e se ne ritornò a casa sua. In quel tempo Zaccaria diventò muto: fino a quando Zaccaria riparlò, il suo posto fu preso da Samuele. Maria, preso lo scarlatto, lo filava».
LE DUE APPARIZIONI A MARIA DELL’ANGELO NELL’ANNUNCIAZIONE, NEL PROTOEVANGELO DI GIACOMO
L’apocrifo suddivide poi in due momenti l’Annunciazione a Maria. Una prima volta l’angelo le appare alla fonte di Nazareth, una seconda e decisiva volta le appare in casa:
«11.1 Presa la brocca, uscì a attingere acqua. Ed ecco una voce che diceva: "Gioisci, piena di grazia, il Signore è con te, benedetta tu tra le donne". Essa guardava intorno, a destra e a sinistra, donde venisse la voce. Tutta tremante se ne andò a casa, posò la brocca e, presa la porpora, si sedette sul suo scanno e filava.
[2] Ed ecco un angelo del Signore si presentò dinanzi a lei, dicendo: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia davanti al Padrone di tutte le cose, e concepirai per la sua parola". Ma essa, all'udire ciò rimase perplessa, pensando: "Dovrò io concepire per opera del Signore Iddio vivente, e partorire poi come ogni donna partorisce?".
[3] L'angelo del Signore, disse: "Non così, Maria! Ti coprirà, infatti, con la sua ombra, la potenza del Signore. Perciò l'essere santo che nascerà da te sarà chiamato Figlio dell'Altissimo. Gli imporrai il nome Gesù, poiché salverà il suo popolo dai suoi peccati".
Maria rispose: "Ecco l'ancella del Signore davanti a lui. Mi avvenga secondo la tua parola"».
Al centro, tra i Santi Pietro e Paolo e con al di sopra i simboli degli Evangelisti, è raffigurato un trono vuoto sormontato da una croce.
Si tratta del Trono dell’Etimasia: il trono vuoto che accoglierà Cristo al momento del suo ritorno sulla terra nel giorno del Giudizio Universale.
Sotto il trono la dicitura Xystus episcopus plebi Dei (Sisto vescovo del popolo di Dio) chiarisce chi sia il committente del mosaico.
Un ulteriore utile chiarimento sul significato delle immagini degli Evangelisti ci viene da Monsignor Biasiotti: “le mistiche immagini personificanti i quattro evangeli… vogliono significare che il regno di Cristo non può essere disgiunto dal concetto della dottrina evangelica ed apostolica predicata dalla Chiesa”.
Nel registro immediatamente inferiore troviamo a sinistra l’Adorazione dei Magi e a destra la Fuga in Egitto.
Un ulteriore utile chiarimento sul significato delle immagini degli Evangelisti ci viene da Monsignor Biasiotti: “le mistiche immagini personificanti i quattro evangeli… vogliono significare che il regno di Cristo non può essere disgiunto dal concetto della dottrina evangelica ed apostolica predicata dalla Chiesa”.
Nel registro immediatamente inferiore troviamo a sinistra l’Adorazione dei Magi e a destra la Fuga in Egitto.
Scendendo ancora di un registro, troviamo a sinistra a destra i Magi e gli scribi di fronte ad Erode. A sinistra le madri di Betlemme con il loro figli di fronte al medesimo: poco prima che si compia la Strage degli Innocenti.
Le Madri di Betlemme di fronte ad Erode
La Santa Famiglia, DINANZI AL GOVERNATORE AFRODISIO, NEL VANGELO DELLO PSEUDO MATTEO
Dopo aver lungamente narrato della nascita di Gesù e dei Magi lo pseudo Matteo racconta, a differenza del Protoevangelo di Giacomo che non lo conosce, il viaggio in Egitto. Narrativamente molto ricco è l’episodio dell’incontro con il governatore Afrodisio di Sotne, vicino Ermopoli.
L’ingresso nel Tempio cittadino della Santa Famiglia fa sì che tutto gli idoli cadano a terra distrutti. Il governatore, sopraggiunto alla notizia, si converte, dopo aver verificato il prodigio. L’episodio completa l’arrivo dei Magi. In entrambi i casi sono i pagani che accolgono Gesù come loro Salvatore:
«XXII. 2 Giunsero contenti ai confini di Ermopoli, ed entrarono in una città dell’Egitto chiamata Sotine.
E siccome in essa non vi era nessun conoscente al quale potessero chiedere ospitalità, entrarono in un tempio che era detto campidoglio d’Egitto.
In questo tempio vi erano trecentocinquantacinque idoli, ai quali ogni giorno erano tributati, in modo sacrilego, onori divini.
Gli Egiziani della stessa città entrarono nel campidoglio ove i sacerdoti presero ad ammonirli affinché ogni giorno, come era richiesto dall’onore divino, offrissero i loro sacrifici.
XXIII Ma avvenne che, entrata nel tempio la beatissima Maria con il bambino, tutti gli idoli si prostrarono a terra, sicché giacevano tutti con la faccia a terra completamente rovinati e spezzati, mostrando così che non erano proprio nulla.
Si compì allora quanto era stato detto dal profeta Isaia: “Ecco, il Signore verrà su di una nube leggera, entrerà in Egitto e al suo cospetto saranno scosse tutte le opere manufatte degli Egiziani”.
In questo tempio vi erano trecentocinquantacinque idoli, ai quali ogni giorno erano tributati, in modo sacrilego, onori divini.
Gli Egiziani della stessa città entrarono nel campidoglio ove i sacerdoti presero ad ammonirli affinché ogni giorno, come era richiesto dall’onore divino, offrissero i loro sacrifici.
XXIII Ma avvenne che, entrata nel tempio la beatissima Maria con il bambino, tutti gli idoli si prostrarono a terra, sicché giacevano tutti con la faccia a terra completamente rovinati e spezzati, mostrando così che non erano proprio nulla.
Si compì allora quanto era stato detto dal profeta Isaia: “Ecco, il Signore verrà su di una nube leggera, entrerà in Egitto e al suo cospetto saranno scosse tutte le opere manufatte degli Egiziani”.
XXIV. La notizia fu riferita a Afrodisio, governatore di quella città, ed egli venne al tempio con tutto il suo esercito. Visto che Afrodisio era venuto al tempio con tutto il suo esercito, i pontefici pensavano che fosse venuto soltanto per vendicarsi contro coloro che erano stati causa della caduta degli idoli. Egli, invece, entrato nel tempio, visti tutti gli idoli giacere prostrati faccia a terra, si appressò alla beata Maria che portava il Signore sul suo grembo, l’adorò e disse a tutto il suo esercito e a tutti i suoi amici: “Se questi non fosse il dio dei nostri dèi, i nostri dèi non sarebbero caduti faccia a terra davanti a lui, né giacerebbero prostrati al suo cospetto. Noi tutti dunque se non faremo con maggiore attenzione ciò che vediamo fare dai nostri dèi, potremo incorrere nel pericolo della sua indignazione e andare tutti incontro alla morte, come accadde al faraone re d’Egitto il quale, non avendo creduto a numerosi prodigi, fu sommerso in mare con tutto il suo esercito”.
«Tutto il popolo di quella città credette, allora, nel Signore Dio per mezzo di Gesù Cristo».
Betlemme, Gerusalemme e gli agnelli
Nel registro più basso troviamo a sinistra la rappresentazione della città di Gerusalemme e a destra quella di Betlemme. Non ci si può sbagliare: sopra ciascuna c’è un cartiglio esplicativo.. Al di sotto di ciascuna delle due città, troviamo sei agnelli. Anche qui è difficile sbagliarsi: si tratta dei dodici Apostoli.
In realtà, come vedremo tra un attimo, Gerusalemme, Betlemme e gli Agnelli sono un classico nei mosaici della Roma cristiana. Solo che qui ci troviamo ai tempi di Sisto III e dunque questa è probabilmente la rappresentazione più antica di questi elementi.
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Elia Galla Placidia, Costantinopoli, 388/392 – Roma, 27 novembre 450. è stata un'imperatrice romana, figlia dell'imperatore Teodosio I (che regnò dal 378 al 395) e della sua seconda moglie Galla.
Galla Placidia fu presa in ostaggio presso i Visigoti, per poi divenire loro regina; il suo matrimonio con re Ataulfo e la nascita del loro figlio Teodosio rientrarono in una politica di avvicinamento tra barbari e Romani, ma la morte del bambino e quella del sovrano posero fine a questa possibilità.
Galla sposò l'imperatore Costanzo III, ottimo generale e collega di suo fratello, l'Augusto Onorio, ma la morte del consorte fu seguita da un rapido degrado dei rapporti con l'imperatore e Galla dovette rifugiarsi con i due figli a Costantinopoli, alla corte del nipote Teodosio II. A seguito della morte di Onorio, in Occidente salì al trono un usurpatore; con l'aiuto dell'esercito orientale, Galla tornò in Occidente, depose l'usurpatore e pose sul trono il giovanissimo figlio Valentiniano III, per il quale fu reggente.
Nei dodici anni in cui regnò sull'Impero romano d'Occidente, Galla dovette gestire il confronto fra tre potenti ed influenti generali, Costanzo Felice, Bonifacio ed Ezio. Dopo che quest'ultimo emerse vincitore, Galla ne ostacolò le mire di influenza su Valentiniano.
Gli ultimi anni furono caratterizzati dalla gestione della turbolenta figlia Onoria e dal coinvolgimento nelle vicende religiose: fu una fervente cristiana, intransigente verso le ultime espressioni del paganesimo.
Galla sposò l'imperatore Costanzo III, ottimo generale e collega di suo fratello, l'Augusto Onorio, ma la morte del consorte fu seguita da un rapido degrado dei rapporti con l'imperatore e Galla dovette rifugiarsi con i due figli a Costantinopoli, alla corte del nipote Teodosio II. A seguito della morte di Onorio, in Occidente salì al trono un usurpatore; con l'aiuto dell'esercito orientale, Galla tornò in Occidente, depose l'usurpatore e pose sul trono il giovanissimo figlio Valentiniano III, per il quale fu reggente.
Nei dodici anni in cui regnò sull'Impero romano d'Occidente, Galla dovette gestire il confronto fra tre potenti ed influenti generali, Costanzo Felice, Bonifacio ed Ezio. Dopo che quest'ultimo emerse vincitore, Galla ne ostacolò le mire di influenza su Valentiniano.
Gli ultimi anni furono caratterizzati dalla gestione della turbolenta figlia Onoria e dal coinvolgimento nelle vicende religiose: fu una fervente cristiana, intransigente verso le ultime espressioni del paganesimo.
Sepoltura
A Ravenna esiste un magnifico edificio, Patrimonio dell'umanità protetto dall'UNESCO, noto come Mausoleo di Galla Placidia, al suo interno vi sono tre sarcofagi. Secondo gli storici, il mausoleo sarebbe stato fatto erigere da Galla tra il 417 e il 421, anno della morte del marito Costanzo e del trasferimento di Galla a Costantinopoli, con l'intento di farne un mausoleo imperiale per due sepolture.
Galla, però, non fu sepolta a Ravenna ma a Roma, probabilmente nel Mausoleo onoriano, anche noto come cappella di Santa Petronilla nell'antica basilica di San Pietro. Nel giugno 1458 in quella cappella fu trovato un sontuoso sarcofago in marmo contenente due bare in cipresso, una grande e una piccola, foderate d'argento, con all'interno due corpi, un adulto e un bambino, avvolti in vestiti intessuti d'oro (i metalli preziosi furono fatti fondere da papa Callisto III). Alcuni studiosi hanno ipotizzato che si potesse trattare dei resti di Galla e del suo primogenito Teodosio, dato che una cronaca anonima del V secolo narra che nel 450 (anno della morte di Teodosio II, che però fu sepolto a Costantinopoli) Placidia, papa Leone e l'intero senato romano parteciparono alla sepoltura del corpo di "Teodosio" nella cappella presso la basilica dell'apostolo Pietro; si tratterebbe dunque del corpo del figlio di Galla e Ataulfo, rimosso dalla tomba in terra francese e risepolto con tutti gli onori a Roma.
Secondo un'altra versione invece, quasi certamente una semplice leggenda, la salma di Galla, imbalsamata per sua espressa volontà, sarebbe stata riportata a Ravenna e collocata in un sarcofago nel Mausoleo dove, per più di un millennio, la si sarebbe potuta osservare attraverso una feritoia, finché un giorno, nel 1577, un malaccorto visitatore per vedere meglio, avrebbe avvicinato troppo la candela alle vesti dell'imperatrice mandando tutto a fuoco.
A Ravenna esiste un magnifico edificio, Patrimonio dell'umanità protetto dall'UNESCO, noto come Mausoleo di Galla Placidia, al suo interno vi sono tre sarcofagi. Secondo gli storici, il mausoleo sarebbe stato fatto erigere da Galla tra il 417 e il 421, anno della morte del marito Costanzo e del trasferimento di Galla a Costantinopoli, con l'intento di farne un mausoleo imperiale per due sepolture.
Galla, però, non fu sepolta a Ravenna ma a Roma, probabilmente nel Mausoleo onoriano, anche noto come cappella di Santa Petronilla nell'antica basilica di San Pietro. Nel giugno 1458 in quella cappella fu trovato un sontuoso sarcofago in marmo contenente due bare in cipresso, una grande e una piccola, foderate d'argento, con all'interno due corpi, un adulto e un bambino, avvolti in vestiti intessuti d'oro (i metalli preziosi furono fatti fondere da papa Callisto III). Alcuni studiosi hanno ipotizzato che si potesse trattare dei resti di Galla e del suo primogenito Teodosio, dato che una cronaca anonima del V secolo narra che nel 450 (anno della morte di Teodosio II, che però fu sepolto a Costantinopoli) Placidia, papa Leone e l'intero senato romano parteciparono alla sepoltura del corpo di "Teodosio" nella cappella presso la basilica dell'apostolo Pietro; si tratterebbe dunque del corpo del figlio di Galla e Ataulfo, rimosso dalla tomba in terra francese e risepolto con tutti gli onori a Roma.
Secondo un'altra versione invece, quasi certamente una semplice leggenda, la salma di Galla, imbalsamata per sua espressa volontà, sarebbe stata riportata a Ravenna e collocata in un sarcofago nel Mausoleo dove, per più di un millennio, la si sarebbe potuta osservare attraverso una feritoia, finché un giorno, nel 1577, un malaccorto visitatore per vedere meglio, avrebbe avvicinato troppo la candela alle vesti dell'imperatrice mandando tutto a fuoco.
Galla Placidia fu una munifica committente artistica, particolarmente attiva nell'edificazione delle chiese.
A Ravenna, nel 426, fece edificare la chiesa di San Giovanni Evangelista. L'erezione della chiesa aveva lo scopo di sciogliere il voto che Galla fece durante la traversata marittima che l'aveva riportata in Occidente, durante la quale aveva rischiato la vita a causa di una tempesta; e infatti secondo la testimonianza di Giovan Girolamo de' Rossi, che li vide prima che fossero demoliti nel 1568, nella chiesa erano presenti dei mosaici che raffiguravano due navi sul mare in tempesta, una delle quali trasportava san Giovanni evangelista che soccorreva Galla Placidia e i suoi figli, mentre nell'abside la figura di Cristo era raffigurata su di un'iscrizione che diceva «L'augusta Galla Placidia, con suo figlio l'augusto Placido Valentiniano e sua figlia Giusta Grata Onoria, scioglie il voto per la sua salvezza dal mare». Ma grazie alla testimonianza di Rossi è possibile conoscere anche il resto del tema iconografico della chiesa, una delle prime commissione di Galla nelle vesti di reggente per Valentiniano III, che insieme al tema della pietas imperiale soddisfaceva ad esigenze di propaganda imperiale: alle pareti della chiesa erano infatti dei mosaici raffiguranti gli imperatori e i membri della famiglia di Galla, Costantino I, Teodosio I, Arcadio, Onorio, Teodosio (figlio di Galla), Valentiniano II, Graziano, Costanzo III, Graziano e Giovanni (fratelli di Galla morti infanti), Teodosio II, Eudocia, Arcadio (figlio di Teodosio II morto infante) e Licinia Eudossia.
A Ravenna, nel 426, fece edificare la chiesa di San Giovanni Evangelista. L'erezione della chiesa aveva lo scopo di sciogliere il voto che Galla fece durante la traversata marittima che l'aveva riportata in Occidente, durante la quale aveva rischiato la vita a causa di una tempesta; e infatti secondo la testimonianza di Giovan Girolamo de' Rossi, che li vide prima che fossero demoliti nel 1568, nella chiesa erano presenti dei mosaici che raffiguravano due navi sul mare in tempesta, una delle quali trasportava san Giovanni evangelista che soccorreva Galla Placidia e i suoi figli, mentre nell'abside la figura di Cristo era raffigurata su di un'iscrizione che diceva «L'augusta Galla Placidia, con suo figlio l'augusto Placido Valentiniano e sua figlia Giusta Grata Onoria, scioglie il voto per la sua salvezza dal mare». Ma grazie alla testimonianza di Rossi è possibile conoscere anche il resto del tema iconografico della chiesa, una delle prime commissione di Galla nelle vesti di reggente per Valentiniano III, che insieme al tema della pietas imperiale soddisfaceva ad esigenze di propaganda imperiale: alle pareti della chiesa erano infatti dei mosaici raffiguranti gli imperatori e i membri della famiglia di Galla, Costantino I, Teodosio I, Arcadio, Onorio, Teodosio (figlio di Galla), Valentiniano II, Graziano, Costanzo III, Graziano e Giovanni (fratelli di Galla morti infanti), Teodosio II, Eudocia, Arcadio (figlio di Teodosio II morto infante) e Licinia Eudossia.
L'esaltazione dei legami famigliari di Galla, evidente nella galleria di illustri consanguinei esposta nella chiesa ravennate di San Giovanni, fu sottolineata anche nella cura delle chiese edificate dai suoi antenati.
Sempre a Ravenna fece erigere una chiesa del Santo Sepolcro e un ampio complesso monastico dedicato a san Zaccaria.
Sempre a Ravenna fece erigere una chiesa del Santo Sepolcro e un ampio complesso monastico dedicato a san Zaccaria.
E la chiesa di Santa Croce, con annesso il proprio mausoleo, anche se non vi è alcuna certezza della funzione funebre dell'edificio, che potrebbe essere stato una semplice cappella pertinente alla chiesa di Santa Croce, cui era collegata con un nartece poi andato distrutto, come un martyrium o un oratorio.
A Rimini fece edificare la chiesa di Santo Stefano, mentre a Milano finanziò la costruzione della cappella di Sant'Aquilino nella Basilica laurenziana, ove si trova un sarcofago tradizionalmente attribuito a Galla.