PRIMA DELLA CITTÀ DEL VATICANO. L’IRREQUIETEZZA ABITATIVA DEI PAPI
Cosa è la residenza di un Papa? Certamente non è solo l’ambiente ove egli vive: è anche la sede ove il pontefice svolge le proprie funzioni di governo, assistito da una corte più o meno ampia, ed è anche un luogo che simboleggia il carattere del potere sovrano, l’immagine che il papato vuole dare di sé. Il fatto che è solo con l’acquisizione sabauda della città di Roma nel 1870 che i Papi si ridussero (e all’inizio con assai scarso entusiasmo) nel Palazzo Apostolico vaticano e che prima di allora essi optarono per decine e decine di diverse residenze, entro e fuori la città, si presenta sotto questa luce come un problema storico non secondario legato alla storia della Chiesa di Roma.
Età antica e alto medioevo: il Laterano
Ma andiamo con ordine, addentrandoci anzitutto nell’oscurità del primo millennio di vita dell’istituzione Papale. Se Costantino agli inizi del IV secolo costruì la basilica del Laterano, che divenne sede del patriarchio romano, è però solo dagli inizi del VI sec. che si trovano tracce documentate di Papi residenti in quest’ultima area. Fino ad allora le fonti testimoniano una grande varietà di residenze, non di rado all’interno di cimiteri. Liberio (352-66) abitò per qualche tempo in quello di Sant’Agnese presso via Nomentana e Bonifacio (418-22) presso altra area sepolcrale sulla via Salaria. Giovanni III (561-74), per fare un ultimo esempio, optò per il cimitero oggi noto come catacomba di Protestato sulla via Appia. Caratteristica comune a tutte queste sedi era che si trovassero ai margini dell’abitato. L’appropriazione dell’area urbana da parte della Chiesa fu lenta: si prenda come punto di riferimento significativo la trasformazione del Pantheon in luogo di culto cristiano (609), ma si tenga anche in considerazione l’inizio dell’VIII secolo quando Giovanni VII spostò la sua residenza sul Palatino, tra i resti degli antichi palazzi imperiali. Lì era anche la sede del duca bizantino, rappresentante dell’imperatore d’Oriente. Il Papa si poneva sotto la sua protezione, ma si appropriava anche di un luogo simbolo del potere.
Gli eventi avrebbero a breve creato una nuova situazione. La caduta della capitale dell’Italia bizantina Ravenna a opera dei Longobardi nel 750 lasciò infatti il Papa da solo alla guida della città di Roma: ciò presentò l’esigenza di organizzare e caratterizzare un nuovo tipo di potere e fece venire meno quella del gomito a gomito col duca. I Papi si spostarono di nuovo così nel Laterano, che fu ampliato e adattato a scena capace di sottolineare che il potere sulla città spettava ora ai soli Papi, eredi degli imperatori, e non a una insidiosa aristocrazia (in un primo momento) o al costituendo Comune romano che si presentava quale erede dell’antico Senato (in una fase più tarda). Fino agli inizi del XIII secolo fu così il Laterano - nella cui area era già il monumento equestre di Marco Aurelio e un altro potente simbolo cittadino quale la lupa capitolina allattante i due gemelli (spostate poi sul Campidoglio in età moderna quando il ruolo del Laterano s’era ormai esaurito) - a ospitare i Pontefici, che presero lì anche a farsi tumulare in sarcofagi simili per foggia e materiali a quelli imperiali. Vi furono certo eccezioni: Niccolò I (858-67) realizzò, per esempio, una nuova residenza presso Santa Maria in Cosmedin.
Il basso medioevo: una pluralità di luoghi e residenze
Poi venne Innocenzo III (1198-1216) col suo immane sforzo di imporre la superiorità del papato su ogni altro potere. Il Papa costruì una residenza in Vaticano ponendo così un'alternativa al Laterano e chiamò la basilica dedicata al primo degli apostoli "sede nostra". Fu soprattutto Niccolò III (1277-80) a seguirlo su questa strada, ampliando le costruzioni del predecessore e realizzando un palazzo che le fonti descrivono ampio, solenne, dotato di ampi spazi per la corte. Ma la valorizzazione del Vaticano non era ancora compiuta: per esempio Onorio III (1216-27) e Onorio IV (1285-87) furono attivi sull’Aventino, presso S. Sabina, Niccolò IV (1288-92) lo fu invece in una residenza contigua a S. Maria Maggiore. È però soprattutto da considerare che i Papi si muovevano allora moltissimo: per tutto il Duecento, è stato accertato, essi furono addirittura lontani da Roma per sessanta dei cento anni del secolo. Fuggivano la calura estiva, ma soprattutto visitavano il dominio o si assentavano dall’Urbe in presenza di torbidi e pericoli di vario genere. Dimorarono allora in più di venti località diverse, ma Anagni, Assisi, Ferentino, Montefiascone, Orvieto, Perugia, Rieti, Segni, Tivoli, Viterbo furono quelle in cui si stabilirono più a lungo. Nel XIV secolo il papato si trasferì ad Avignone e fu solo con Martino V (1417-31) che i Pontefici tornarono stabilmente a Roma, ove per quasi due secoli si dimostrarono straordinariamente incerti in materia di residenza. Proprio Martino V, per esempio, lasciò tracce di sé in Vaticano, in Laterano, presso Santa Maria Maggiore, nella residenza di famiglia (Colonna) ai SS. Apostoli - dove per il cronista Stefano Infessura "esso stette la maiore parte dello tiempo suo" - e nella rocca extra urbana di Genazzano. A stabilirsi con più costanza in Vaticano fu Niccolò V (1447-55), che però fu a lungo ospite di un palazzo Papale presso Santa Maria Maggiore, poi Paolo II (1464-71) trasformò in residenza pontificia il suo palazzo cardinalizio, Palazzo Venezia, che avrebbe continuato a ospitare Pontefici per tutto il Cinquecento. Per le villeggiature fu intanto assai praticata la villa di Innocenzo VIII alla Magliana (che pure realizzò in Vaticano il Belvedere), ma i Pontefici adoperarono diverse altre ville, urbane ed extraurbane: Giulio III sulla via Flaminia, Pio V sulla via Aurelia, Sisto V presso Santa Maria Maggiore.
Lo scomodo Vaticano
Ma restiamo in Vaticano. I Pontefici dell’età moderna che presero in maggiore considerazione l’idea di sfruttare quest’area furono il nominato Niccolò V e Alessandro VI (1492-1503). Entrambi ampliarono il Palazzo e si impegnarono a realizzare nel Borgo una vera e propria cittadella curiale, per giunta fortificata e ben separata dalla zona più popolata di Roma da un Tevere che restò fino a metà Ottocento attraversato da tre soli ponti (con l’esclusione di Ponte Milvio), meno di quanti non ne avesse la città antica. Lo stretto valico che più direttamente conduceva a San Pietro portava sotto le mura di Castel Sant’Angelo e questo garantiva la sicurezza del passaggio. C’era però un’altra realtà: i Papi faticavano a trovare una sistemazione entro il Palazzo vaticano. Alessandro VI si provvide di un appartamento (noto come Borgia) che i suoi immediati successori però non adoperarono. Fu Giulio II (1503-13) a trasferirsi al piano superiore dello stesso edificio, in quelle che oggi sono note come 'Stanze di Raffaello', che continuarono a essere abitate da chi lo seguì fino a Paolo III (morto nel 1549). Papa Farnese si spostava però di continuo, entro e fuori Roma e soprattutto passò lunghi periodi a Palazzo Venezia. A Giulio III (1550-55) quelle stanze non piacquero e si costruì così un appartamento sopra uno dei corridoi del Belvedere (quello verso Sant’Anna). Qui rimase anche Paolo IV (1555-59), poi Pio IV (1560-65) iniziò - e Pio V (1566-72) concluse - la costruzione di una nuova residenza Papale tra la Torre Borgia e il corridoio del Belvedere che dà verso i giardini. Non era finita. Gregorio XIII (1572-85), insoddisfatto anche di questa soluzione, realizzando un nuovo ordine di logge sul cortile di San Damaso, ne allestì il retro come propria nuova abitazione. Nel suo fervore costruttivo non si tirò poi indietro Sisto V (1585-90) che infine costruì il palazzo attuale sede del pontefice e dove né lui, né i suoi successori, per tre secoli, avrebbero però posto almeno stabile dimora. Cercherò di dire perché, ma intanto, a giustificare quello che fin qui s’è detto, vado a ricordare che l’architetto del Palazzo sistino, Domenico Fontana, celebrò le virtù dell’edificio che andava realizzando sottolineando come questo fosse ampio, aperto su tre lati, esposto alla luce e ai venti. La precedente irrequietezza abitativa dei Pontefici in Vaticano si spiega soprattutto così: attorno al nucleo antico del Palazzo si potevano solo realizzare residenze esposte a nord e sostanzialmente povere o del tutto prive di luce.
Il Palazzo sistino risolse così il problema, ma, una volta realizzata quella che sembrava la dimora ideale, i Papi non mostrarono di gradirla particolarmente e continuarono a frequentare Palazzo San Marco e presero a utilizzare il Quirinale, ch’era intanto sorto, quale ennesima realizzazione di Sisto V che sviluppò un primo modesto nucleo edificato da Gregorio XIII. Non era dunque solo una questione logistica, legata alle possibilità di sviluppo del complesso vaticano.
Era infatti intervenuta una nuova sistemazione della struttura curiale. Nella seconda metà del Cinquecento furono istituite le congregazioni curiali, sorta di ministeri chiamati a occuparsi degli affari della Chiesa e dello Stato pontificio, le cui sedi diventarono i palazzi dei cardinali incaricati di presiederle. Questi edifici vennero a trovarsi in gran parte collocati nelle aree cittadine di più recente urbanizzazione, nella zona di Trevi e dei Santi Apostoli (alle pendici del colle Quirinale). La Curia si disseminò per la città e le conseguenze furono sensibili: se nel 1526 i 'cortigiani', ovvero individui legati in vario modo alla Corte, o Curia, presenti nell’area di San Pietro e Borgo risultano 2400, nel 1621 essi scesero a 360, nel 1652 a 285, nel 1693 a 8. Questo avvenne anche nei rioni più vicini a quell’area, mentre in quello di Trevi i 'cortigiani' passarono dai 100 censiti nel 1526 a 464 nel 1621, 888 nel 1652, 897 nel 1693, cifra che corrisponde al 52% dei cortigiani presenti in città.
Dietro la Corte, in città: il Quirinale
I Papi, provvedendosi del Palazzo del Quirinale, decisero così di fatto di andare dietro la Corte, in una sede che consentiva loro di colloquiare con le sue diverse parti che si erano di nuovo dislocate nella città. E il Quirinale, malgrado una consolidata credenza, non fu affatto residenza stagionale, ma sede sempre più stabile dei Papi, in tutte le quattro stagioni dell’anno (stagionale fu invece la sede di Castelgandolfo, ove i Papi presero a recarsi, di norma tra maggio e giugno e settembre-ottobre a partire dal tempo di Urbano VIII e soprattutto di Alessandro VII). È dal tempo di Paolo V (1605-1621), che completò il nucleo principale del Palazzo, che il Quirinale s’affermò definitivamente; Papa Borghese e molti suoi successori presero sempre più l’abitudine di recarsi in S. Pietro solo per le cerimonie più importanti, e spesso solo per la durata di queste stesse: andavano la mattina e il pomeriggio erano già di ritorno al Quirinale. Un ambasciatore veneziano nel 1660 così commentava la scelta di Papa Alessandro VII di far costruire il colonnato di San Pietro: "Viene dall’universale stimata l’opera e la spesa superflua tanto più che, abbandonatasi dai Pontefici assolutamente la stanza di S. Pietro per quella di Monte Cavallo [ossia il Quirinale], cessa affatto ancora l’opinione di valersene".
Ma il Quirinale non sostituì del tutto il Vaticano: si affiancò anzi a esso in un rapporto di complementarità. Si pensi per esempio come la nuova sede si presentasse (e si presenti) come edificio del tutto laico: era il primo palazzo Papale a non inglobare una chiesa pubblica principale, ossia basilica o cattedrale, ed erano ben pochi i simboli religiosi che lo identificano come sede del Papa: le statue di San Pietro e Paolo e della Madonna col bambino sul portone principale e poco altro. Non che i Pontefici fossero stati colti da un assalto di laicismo, piuttosto essi vollero tenere ben distinta la sede della propria residenza, e le sue funzioni di governo nel rapporto con le strutture curiali, dalla sede del Papa pastore, guida della cattolicità, che era in Vaticano. E fu per questo che proprio negli anni dell’affermazione del Quirinale quale residenza primaria dei Papi vennero conclusi i lavori sulla basilica di San Pietro, nel Palazzo Apostolico vaticano, venne realizzato il detto colonnato, e alla basilica dedicata a Pietro vennero riservate funzioni esclusive per certo tipo di cerimonie, come, per esempio, le canonizzazioni. Il Vaticano rimase anche fino al primo Ottocento sede esclusiva dei conclavi (poi anch’essi si spostarono sul Quirinale). Le due residenze, insomma, non dovevano considerarsi concorrenti, semmai complementari e ciascuna funzionare al meglio per le funzioni che le erano destinate. Residenza del Papa-re il Quirinale, sede del Papa vescovo il Vaticano, ove soprattutto i Papi si recavano per le maggiori celebrazioni. Quest’area, mal collegata col resto della città, poteva anche garantire al Papa una difesa in caso di pericolo. Urbano VIII, negli anni '40, preoccupato dagli sviluppi della guerra di Castro si rifugiò frettolosamente in Vaticano e ciò spaventò la popolazione. Il ricordo del sacco di Roma del 1527, quando il Papa aveva trovato la salvezza a Castel Sant’Angelo, doveva essere allora ancor vivo.
L’acquisizione di Roma al Regno d’Italia privò il Papa del suo ruolo di sovrano temporale. I Pontefici tornarono all’esclusivo ruolo pastorale e di guida della 'sola' Chiesa cattolica. Una riforma indotta dalle circostanze, mal sopportata eppure non meno decisiva di altre, consapevolmente affrontate (concilio di Trento o Vaticano II). Perso così il controllo sull’Urbe, sia pur con scarsi entusiasmi, i Papi si trasferirono nella residenza da cui oggi parrebbe impensabile pensarli disgiunti.
*Articolo di Antonio Menniti Ippolito*
Docente di Storia moderna presso l'università della Tuscia. È stato condirettore della Enciclopedia dei Papi edita dall'Istituto della Enciclopedia Italiana
Età antica e alto medioevo: il Laterano
Ma andiamo con ordine, addentrandoci anzitutto nell’oscurità del primo millennio di vita dell’istituzione Papale. Se Costantino agli inizi del IV secolo costruì la basilica del Laterano, che divenne sede del patriarchio romano, è però solo dagli inizi del VI sec. che si trovano tracce documentate di Papi residenti in quest’ultima area. Fino ad allora le fonti testimoniano una grande varietà di residenze, non di rado all’interno di cimiteri. Liberio (352-66) abitò per qualche tempo in quello di Sant’Agnese presso via Nomentana e Bonifacio (418-22) presso altra area sepolcrale sulla via Salaria. Giovanni III (561-74), per fare un ultimo esempio, optò per il cimitero oggi noto come catacomba di Protestato sulla via Appia. Caratteristica comune a tutte queste sedi era che si trovassero ai margini dell’abitato. L’appropriazione dell’area urbana da parte della Chiesa fu lenta: si prenda come punto di riferimento significativo la trasformazione del Pantheon in luogo di culto cristiano (609), ma si tenga anche in considerazione l’inizio dell’VIII secolo quando Giovanni VII spostò la sua residenza sul Palatino, tra i resti degli antichi palazzi imperiali. Lì era anche la sede del duca bizantino, rappresentante dell’imperatore d’Oriente. Il Papa si poneva sotto la sua protezione, ma si appropriava anche di un luogo simbolo del potere.
Gli eventi avrebbero a breve creato una nuova situazione. La caduta della capitale dell’Italia bizantina Ravenna a opera dei Longobardi nel 750 lasciò infatti il Papa da solo alla guida della città di Roma: ciò presentò l’esigenza di organizzare e caratterizzare un nuovo tipo di potere e fece venire meno quella del gomito a gomito col duca. I Papi si spostarono di nuovo così nel Laterano, che fu ampliato e adattato a scena capace di sottolineare che il potere sulla città spettava ora ai soli Papi, eredi degli imperatori, e non a una insidiosa aristocrazia (in un primo momento) o al costituendo Comune romano che si presentava quale erede dell’antico Senato (in una fase più tarda). Fino agli inizi del XIII secolo fu così il Laterano - nella cui area era già il monumento equestre di Marco Aurelio e un altro potente simbolo cittadino quale la lupa capitolina allattante i due gemelli (spostate poi sul Campidoglio in età moderna quando il ruolo del Laterano s’era ormai esaurito) - a ospitare i Pontefici, che presero lì anche a farsi tumulare in sarcofagi simili per foggia e materiali a quelli imperiali. Vi furono certo eccezioni: Niccolò I (858-67) realizzò, per esempio, una nuova residenza presso Santa Maria in Cosmedin.
Il basso medioevo: una pluralità di luoghi e residenze
Poi venne Innocenzo III (1198-1216) col suo immane sforzo di imporre la superiorità del papato su ogni altro potere. Il Papa costruì una residenza in Vaticano ponendo così un'alternativa al Laterano e chiamò la basilica dedicata al primo degli apostoli "sede nostra". Fu soprattutto Niccolò III (1277-80) a seguirlo su questa strada, ampliando le costruzioni del predecessore e realizzando un palazzo che le fonti descrivono ampio, solenne, dotato di ampi spazi per la corte. Ma la valorizzazione del Vaticano non era ancora compiuta: per esempio Onorio III (1216-27) e Onorio IV (1285-87) furono attivi sull’Aventino, presso S. Sabina, Niccolò IV (1288-92) lo fu invece in una residenza contigua a S. Maria Maggiore. È però soprattutto da considerare che i Papi si muovevano allora moltissimo: per tutto il Duecento, è stato accertato, essi furono addirittura lontani da Roma per sessanta dei cento anni del secolo. Fuggivano la calura estiva, ma soprattutto visitavano il dominio o si assentavano dall’Urbe in presenza di torbidi e pericoli di vario genere. Dimorarono allora in più di venti località diverse, ma Anagni, Assisi, Ferentino, Montefiascone, Orvieto, Perugia, Rieti, Segni, Tivoli, Viterbo furono quelle in cui si stabilirono più a lungo. Nel XIV secolo il papato si trasferì ad Avignone e fu solo con Martino V (1417-31) che i Pontefici tornarono stabilmente a Roma, ove per quasi due secoli si dimostrarono straordinariamente incerti in materia di residenza. Proprio Martino V, per esempio, lasciò tracce di sé in Vaticano, in Laterano, presso Santa Maria Maggiore, nella residenza di famiglia (Colonna) ai SS. Apostoli - dove per il cronista Stefano Infessura "esso stette la maiore parte dello tiempo suo" - e nella rocca extra urbana di Genazzano. A stabilirsi con più costanza in Vaticano fu Niccolò V (1447-55), che però fu a lungo ospite di un palazzo Papale presso Santa Maria Maggiore, poi Paolo II (1464-71) trasformò in residenza pontificia il suo palazzo cardinalizio, Palazzo Venezia, che avrebbe continuato a ospitare Pontefici per tutto il Cinquecento. Per le villeggiature fu intanto assai praticata la villa di Innocenzo VIII alla Magliana (che pure realizzò in Vaticano il Belvedere), ma i Pontefici adoperarono diverse altre ville, urbane ed extraurbane: Giulio III sulla via Flaminia, Pio V sulla via Aurelia, Sisto V presso Santa Maria Maggiore.
Lo scomodo Vaticano
Ma restiamo in Vaticano. I Pontefici dell’età moderna che presero in maggiore considerazione l’idea di sfruttare quest’area furono il nominato Niccolò V e Alessandro VI (1492-1503). Entrambi ampliarono il Palazzo e si impegnarono a realizzare nel Borgo una vera e propria cittadella curiale, per giunta fortificata e ben separata dalla zona più popolata di Roma da un Tevere che restò fino a metà Ottocento attraversato da tre soli ponti (con l’esclusione di Ponte Milvio), meno di quanti non ne avesse la città antica. Lo stretto valico che più direttamente conduceva a San Pietro portava sotto le mura di Castel Sant’Angelo e questo garantiva la sicurezza del passaggio. C’era però un’altra realtà: i Papi faticavano a trovare una sistemazione entro il Palazzo vaticano. Alessandro VI si provvide di un appartamento (noto come Borgia) che i suoi immediati successori però non adoperarono. Fu Giulio II (1503-13) a trasferirsi al piano superiore dello stesso edificio, in quelle che oggi sono note come 'Stanze di Raffaello', che continuarono a essere abitate da chi lo seguì fino a Paolo III (morto nel 1549). Papa Farnese si spostava però di continuo, entro e fuori Roma e soprattutto passò lunghi periodi a Palazzo Venezia. A Giulio III (1550-55) quelle stanze non piacquero e si costruì così un appartamento sopra uno dei corridoi del Belvedere (quello verso Sant’Anna). Qui rimase anche Paolo IV (1555-59), poi Pio IV (1560-65) iniziò - e Pio V (1566-72) concluse - la costruzione di una nuova residenza Papale tra la Torre Borgia e il corridoio del Belvedere che dà verso i giardini. Non era finita. Gregorio XIII (1572-85), insoddisfatto anche di questa soluzione, realizzando un nuovo ordine di logge sul cortile di San Damaso, ne allestì il retro come propria nuova abitazione. Nel suo fervore costruttivo non si tirò poi indietro Sisto V (1585-90) che infine costruì il palazzo attuale sede del pontefice e dove né lui, né i suoi successori, per tre secoli, avrebbero però posto almeno stabile dimora. Cercherò di dire perché, ma intanto, a giustificare quello che fin qui s’è detto, vado a ricordare che l’architetto del Palazzo sistino, Domenico Fontana, celebrò le virtù dell’edificio che andava realizzando sottolineando come questo fosse ampio, aperto su tre lati, esposto alla luce e ai venti. La precedente irrequietezza abitativa dei Pontefici in Vaticano si spiega soprattutto così: attorno al nucleo antico del Palazzo si potevano solo realizzare residenze esposte a nord e sostanzialmente povere o del tutto prive di luce.
Il Palazzo sistino risolse così il problema, ma, una volta realizzata quella che sembrava la dimora ideale, i Papi non mostrarono di gradirla particolarmente e continuarono a frequentare Palazzo San Marco e presero a utilizzare il Quirinale, ch’era intanto sorto, quale ennesima realizzazione di Sisto V che sviluppò un primo modesto nucleo edificato da Gregorio XIII. Non era dunque solo una questione logistica, legata alle possibilità di sviluppo del complesso vaticano.
Era infatti intervenuta una nuova sistemazione della struttura curiale. Nella seconda metà del Cinquecento furono istituite le congregazioni curiali, sorta di ministeri chiamati a occuparsi degli affari della Chiesa e dello Stato pontificio, le cui sedi diventarono i palazzi dei cardinali incaricati di presiederle. Questi edifici vennero a trovarsi in gran parte collocati nelle aree cittadine di più recente urbanizzazione, nella zona di Trevi e dei Santi Apostoli (alle pendici del colle Quirinale). La Curia si disseminò per la città e le conseguenze furono sensibili: se nel 1526 i 'cortigiani', ovvero individui legati in vario modo alla Corte, o Curia, presenti nell’area di San Pietro e Borgo risultano 2400, nel 1621 essi scesero a 360, nel 1652 a 285, nel 1693 a 8. Questo avvenne anche nei rioni più vicini a quell’area, mentre in quello di Trevi i 'cortigiani' passarono dai 100 censiti nel 1526 a 464 nel 1621, 888 nel 1652, 897 nel 1693, cifra che corrisponde al 52% dei cortigiani presenti in città.
Dietro la Corte, in città: il Quirinale
I Papi, provvedendosi del Palazzo del Quirinale, decisero così di fatto di andare dietro la Corte, in una sede che consentiva loro di colloquiare con le sue diverse parti che si erano di nuovo dislocate nella città. E il Quirinale, malgrado una consolidata credenza, non fu affatto residenza stagionale, ma sede sempre più stabile dei Papi, in tutte le quattro stagioni dell’anno (stagionale fu invece la sede di Castelgandolfo, ove i Papi presero a recarsi, di norma tra maggio e giugno e settembre-ottobre a partire dal tempo di Urbano VIII e soprattutto di Alessandro VII). È dal tempo di Paolo V (1605-1621), che completò il nucleo principale del Palazzo, che il Quirinale s’affermò definitivamente; Papa Borghese e molti suoi successori presero sempre più l’abitudine di recarsi in S. Pietro solo per le cerimonie più importanti, e spesso solo per la durata di queste stesse: andavano la mattina e il pomeriggio erano già di ritorno al Quirinale. Un ambasciatore veneziano nel 1660 così commentava la scelta di Papa Alessandro VII di far costruire il colonnato di San Pietro: "Viene dall’universale stimata l’opera e la spesa superflua tanto più che, abbandonatasi dai Pontefici assolutamente la stanza di S. Pietro per quella di Monte Cavallo [ossia il Quirinale], cessa affatto ancora l’opinione di valersene".
Ma il Quirinale non sostituì del tutto il Vaticano: si affiancò anzi a esso in un rapporto di complementarità. Si pensi per esempio come la nuova sede si presentasse (e si presenti) come edificio del tutto laico: era il primo palazzo Papale a non inglobare una chiesa pubblica principale, ossia basilica o cattedrale, ed erano ben pochi i simboli religiosi che lo identificano come sede del Papa: le statue di San Pietro e Paolo e della Madonna col bambino sul portone principale e poco altro. Non che i Pontefici fossero stati colti da un assalto di laicismo, piuttosto essi vollero tenere ben distinta la sede della propria residenza, e le sue funzioni di governo nel rapporto con le strutture curiali, dalla sede del Papa pastore, guida della cattolicità, che era in Vaticano. E fu per questo che proprio negli anni dell’affermazione del Quirinale quale residenza primaria dei Papi vennero conclusi i lavori sulla basilica di San Pietro, nel Palazzo Apostolico vaticano, venne realizzato il detto colonnato, e alla basilica dedicata a Pietro vennero riservate funzioni esclusive per certo tipo di cerimonie, come, per esempio, le canonizzazioni. Il Vaticano rimase anche fino al primo Ottocento sede esclusiva dei conclavi (poi anch’essi si spostarono sul Quirinale). Le due residenze, insomma, non dovevano considerarsi concorrenti, semmai complementari e ciascuna funzionare al meglio per le funzioni che le erano destinate. Residenza del Papa-re il Quirinale, sede del Papa vescovo il Vaticano, ove soprattutto i Papi si recavano per le maggiori celebrazioni. Quest’area, mal collegata col resto della città, poteva anche garantire al Papa una difesa in caso di pericolo. Urbano VIII, negli anni '40, preoccupato dagli sviluppi della guerra di Castro si rifugiò frettolosamente in Vaticano e ciò spaventò la popolazione. Il ricordo del sacco di Roma del 1527, quando il Papa aveva trovato la salvezza a Castel Sant’Angelo, doveva essere allora ancor vivo.
L’acquisizione di Roma al Regno d’Italia privò il Papa del suo ruolo di sovrano temporale. I Pontefici tornarono all’esclusivo ruolo pastorale e di guida della 'sola' Chiesa cattolica. Una riforma indotta dalle circostanze, mal sopportata eppure non meno decisiva di altre, consapevolmente affrontate (concilio di Trento o Vaticano II). Perso così il controllo sull’Urbe, sia pur con scarsi entusiasmi, i Papi si trasferirono nella residenza da cui oggi parrebbe impensabile pensarli disgiunti.
*Articolo di Antonio Menniti Ippolito*
Docente di Storia moderna presso l'università della Tuscia. È stato condirettore della Enciclopedia dei Papi edita dall'Istituto della Enciclopedia Italiana