Nata nel 1920 come borgata, a lungo misconosciuta e sottovalutata, oggi la Garbatella si è ripresa con gli interessi tutta quell’attenzione un tempo negata. È uno dei quartieri più di tendenza, più a misura d’uomo e più ambìti: il riscatto di una zona ancora autenticamente popolare e dalle mille sorprese.
Zona di Roma: sud-ovest
Tipologia di percorso: storia e vita di quartiere
Tempo di percorrenza: 1 h e mezza circa
Lunghezza: 7 km
Tipologia di percorso: storia e vita di quartiere
Tempo di percorrenza: 1 h e mezza circa
Lunghezza: 7 km
Difficoltà del percorso: medio-alta
Come raggiungere dalla Stazione Termini: metro B Garbatella
Orario consigliato: pomeriggio
Come raggiungere dalla Stazione Termini: metro B Garbatella
Orario consigliato: pomeriggio
Storia della Garbatella
La Garbatella, a lungo considerata una borgata popolare un po’ malfamata, è oggi uno dei Quartieri più ambiti e vivibili della Capitale.
Grazie all’amenità dei suoi scorci e la sua essenza di “quartiere paese”, il particolare mix che la contraddistingue, un aspetto popolare-rurale unito ad influenze architettoniche differenti, il barocchetto romano (lotti 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8) e il razionalismo-futurismo (lotti 41,42,43,44), è ciò la rende una delle zone di Roma più singolari e affascinanti.
A questo si aggiunga la sua vitalità, percepibile non solo attraversandola ma anche dal fermento culturale tipico del quartiere: oggi ospita vari centri culturalmente rilevanti come il teatro Ambra alla Garbatella, il Teatro Palladium e altro ancora.
A questo si aggiunga la sua vitalità, percepibile non solo attraversandola ma anche dal fermento culturale tipico del quartiere: oggi ospita vari centri culturalmente rilevanti come il teatro Ambra alla Garbatella, il Teatro Palladium e altro ancora.
La Garbatella nasce ufficialmente il 18 febbraio del 1920: la prima pietra viene posata dal re Vittorio Emanuele III nell’attuale piazza Benedetto Brin (uno dei luoghi del nostro percorso).
Una notazione a parte merita il nome. Leggiamo le ipotesi che circolano attorno alla sua origine:
- “Garbatella” verrebbe da un tipo di coltivazione “a garbata” o “a barbata” tipica della zona, quella dei colli sovrastanti la basilica di S. Paolo e che punteggiavano il paesaggio prima dello sviluppo del quartiere;
- Una seconda ipotesi si riferisce alla particolare amenità del luogo;
- La terza ipotesi, la più accreditata, riporta il nome alla presenza nel quartiere di un’osteria dove si trovava un’ostessa dai modi così gentili e garbati da divenire celeberrimi, la garbata ostella (e la cui garbatezza è stata interpretata anche come vaga sensualità). Per la leggenda, il nome dell’ostessa doveva essere Carlotta, e l’osteria era ubicata sempre nella zona della Basilica di S.Paolo, presso via delle Sette Chiese, la strada che i pellegrini percorrevano nel loro pellegrinaggio alle sette chiese di Roma.
La ragione principale del suo sviluppo si inscrive in generale in una spiccata estensione urbanistica di quegli anni di Roma, ma è da ascrivere anche ad uno scopo ben preciso: si era infatti deciso di edificare un porto ad Ostia, il quale sarebbe stato collegato a due porti fluviali sul Tevere (uno nei pressi di via del Porto Fluviale, l’altro dalle parti della Basilica di S.Paolo); il quartiere neonato sarebbe quindi servito ad ospitare i lavoratori adibiti a questo ambizioso progetto e altri impiegati nella zona industriale del quartiere Ostiense. Il progetto di Ostia però naufragò, con la Garbatella che continuò a vivere una vita propria anche se non aderente al progetto originario: se all’inizio essa venne concepita come borgata separata dalla città e circondata dalla campagna, la speculazione edilizia la unirà alla città facendo venire meno la destinazione d’uso soprattutto rurale e operaia. Quest’ultima, però - ed è questo il bello del quartiere - permane negli edifici e negli spazi della parte vecchia della Garbatella, creando una saldatura ideale fra passato e presente.
Architettonicamente, l’ispirazione primaria del nuovo quartiere era quella della città giardino all’inglese, anche se rivisitata: un complesso di case unifamiliari dotate di cortili interni e di appezzamenti di terreni agricoli. La logica è quella del lotto, che è il vero protagonista della sistemazione urbanistica del quartiere: la parte storica della Garbatella si svilupperà nei primi anni di vita intorno a 62 lotti. in seguito, si imporrà anche l’impostazione degli spazi comuni e il quartiere vedrà un’ulteriore crescita. Ciò che colpisce è la varietà degli stili che vengono applicati a diverse costruzioni della Garbatella storica, fra i quali spicca il già citato barocchetto romano visibile da molti edifici del rione, stile che divenne tipico dell’edilizia popolare di quegli anni. Dal punto di vista architettonico e urbanistico, il risultato finale ottenuto alla Garbatella è diventato un vero e proprio “caso di studio” che per l’appunto ispira architetti e urbanisti di tutto il mondo: sposandosi l’anima popolare, rurale e operaia alla ricerca architettonica.
Il nostro itinerario si svolge soprattutto fra le vie della Garbatella storica (la Garbatella nuova è rappresentata dalla zona più settentrionale e quella circostante). Non è un percorso che ha pretese di esaustività, poiché il quartiere può essere attraversato in varie direzioni e ci sarebbero varie cose da vedere, ma vi consigliamo comunque di seguirlo per avere un punto di riferimento.
Il nostro itinerario si svolge soprattutto fra le vie della Garbatella storica (la Garbatella nuova è rappresentata dalla zona più settentrionale e quella circostante). Non è un percorso che ha pretese di esaustività, poiché il quartiere può essere attraversato in varie direzioni e ci sarebbero varie cose da vedere, ma vi consigliamo comunque di seguirlo per avere un punto di riferimento.
**Si ringrazia il signor Gianni Rivolta, autore del libro "Garbatella tra storia e leggenda" Roma, Iacobelli, 2010 per averci segnalato alcuni errori presenti nel testo.**
Dalla Garbatella Nuova alla Scoletta
Il punto di riferimento iniziale per l’itinerario al rione Garbatella è la fermata della metropolitana omonima. Uscita da essa, dirigetevi verso destra su Via Giacinto Pullino fino ad arrivare a Piazza Augusto Albini. Già qui potrete vedere le prime case di fattura popolare, lasciandovi alle spalle il nucleo della Garbatella Nuova.Proprio in direzione delle prime case più antiche e popolari, prendete la strada sulla sinistra della piazza, via Domenico Munari, arrivando fino all’incrocio con via Caffaro: vi imbatterete qui in una delle peculiarità che dimostrano la vivacità del quartiere, i murales della Garbatella.
Ne trovate un primo e per altro molto recente: è l’ultima creazione di Sten & Lex, due street artist di Roma, di fronte al quale una verace signora incontrata durante il percorso ha affermato: “Ma che so’, sti scarabocchi?”.
In realtà la street art della Garbatella rappresenta una delle cifre più suggestive del rione, una vera e propria nuova tendenza artistica, che si affianca al sapore storico delle vie dell’ex borgata.
In realtà la street art della Garbatella rappresenta una delle cifre più suggestive del rione, una vera e propria nuova tendenza artistica, che si affianca al sapore storico delle vie dell’ex borgata.
Entrando nella Garbatella Vecchia
Proseguendo dritti su via Fausto Vettor, ci si immerge nel cuore della Garbatella Vecchia. Lo scarto rispetto al precedente paesaggio urbano si vede subito ed è notevole: i palazzi lasciano il posto ai villini e ad un paesaggio più ameno; fin da subito, si possono notare le indicazioni dei lotti apposte su ogni casa, simbolo inconfondibile del quartiere ed in generale l’atmosfera del quartiere, ricco di villini in cui regna il barocchetto romano, visibile ad esempio dagli architravi che sormontano le finestre. Ci si trova in un altro mondo.
Percorrete tutta via Vettor tuffandovi nell’atmosfera popolare del quartiere; giunti alla fine della via, quando vi ritroverete di fronte questo altro murales che vedete nella foto qui accanto, tornate indietro e ripercorrete a ritroso la via fino ad arrivare davanti a via Domenico Chiodo, nella quale entrerete svoltando a destra.
Anche su via Domenico Chiodo fino a largo Carlo Randaccio potrete godere dell’atmosfera unica che permea il quartiere in mezzo ai villini deliziosamente decorati. Ancora una volta, proprio attraversando questa via, ci troviamo di fronte alla veracità degli abitanti: intenti a fare foto, una signora sorridente ci esorta bonariamente a “non copiare i modelli delle case”.
Anche su via Domenico Chiodo fino a largo Carlo Randaccio potrete godere dell’atmosfera unica che permea il quartiere in mezzo ai villini deliziosamente decorati. Ancora una volta, proprio attraversando questa via, ci troviamo di fronte alla veracità degli abitanti: intenti a fare foto, una signora sorridente ci esorta bonariamente a “non copiare i modelli delle case”.
La Scoletta
Alla fine di via Domenico Chiodo ci si ritrova di fronte a Piazza Nicola Longobardi e a uno dei luoghi più interessanti della Garbatella: la Scoletta, il nome dato dagli abitanti del rione alla scuola dell’infanzia Luigi Luzzatti. Non è affatto una scuola qualunque: a parte il legame affettivo che la lega agli abitanti del quartiere che l’hanno frequentata, possiede un particolare pregio artistico in quanto altro non è che una vecchia villa della nobiltà papalina risalente al ‘500, il cui nome originario era Villa Rosselli e a sua volta venne ricavata da una villa romana del I secolo d.C. Il ricordo di villa rurale rimane grazie anche alla presenza di un pozzo e di una fontana. La struttura odierna è opera dell’architetto Innocenzo Sabatini, che concepì questa “Scuola dei Bimbi” fra il 1919 e il 1922.
Riconoscete la Scoletta nella sigla di Caro Maestro, fiction degli anni Novanta? La si vede proprio all’inizio, a 0:21-0:22.
La Scoletta è stata anche lo scenario di alcune parti del film Totò e Marcellino. D’altronde, la Garbatella nel cinema e nella fiction ha avuto sempre molti estimatori...
Garbatella parte seconda: dalla Fontana Carlotta agli Alberghi Suburbani
Da Piazza Nicola Longobardi prendete via Cavazzi. Da lì scenderete lentamente verso via Roberto de Nobili: giunti all’incrocio con la via, girate a sinistra. Percorrerete di nuovo una dolce discesa - d’altronde la Scoletta si trova sulla sommità di un colle - nel corso della quale avete la possibilità di vedere gli ambienti tipici della Garbatella, quelli dei lotti con dei piccoli appezzamenti di terra un tempo ad orto, che di fatto costituivano il fulcro della città giardino concepita agli inizi. Girando per le strade di quartiere, non vi sarà difficile vedere questi cortili interni.
La Fontana Carlotta
Dopo un po’ sarete nella prima delle quattro piazze significative di questa porzione di itinerario: Piazza Ricoldo da Montecroce, dove si trova la Fontana Carlotta. Non si tratta soltanto di una delle tante fontanelle della Garbatella dalle quali potrete abbeverarvi, ma uno dei luoghi più rappresentativi del rione: se siete alla ricerca della “garbata ostella” Carlotta, questo è uno dei segnali della sua presenza aleggiante. Ma non tutti furono garbati con l’effige dell’ostessa, purtroppo, poiché la fontana fu in passato danneggiata da vandali e ridotta ad uno stato di degrado; solo nel 1998 terminarono i lavori di restauro che hanno restituito la fontana al quartiere. Sempre nei pressi della fontana Carlotta sono apposte due targhe: una che ricorda il giorno della riapertura della fontana dopo il restauro, e un’altra che celebra un celebre stornellatore romano, Alvaro Amici, nato proprio alla Garbatella.
Si può ben dire che la fontana rappresenti uno dei “luoghi del cuore” della Garbatella non sono in virtù del legame fra essa e i cittadini, ma anche perché al suo fianco si diparte la suggestiva scalinata o scala detta “degli Innamorati”, un punto d’incontro privilegiato per le coppie del dopoguerra.
Si può ben dire che la fontana rappresenti uno dei “luoghi del cuore” della Garbatella non sono in virtù del legame fra essa e i cittadini, ma anche perché al suo fianco si diparte la suggestiva scalinata o scala detta “degli Innamorati”, un punto d’incontro privilegiato per le coppie del dopoguerra.
Piazza Geremia Bonomelli
Lasciando piazza Ricoldo da Montecroce, continuate su via Roberto de Nobili e poco dopo troverete piazza Geremia Bonomelli, la seconda delle quattro piazze citate sopra. In essa vedrete, nella facciata del palazzo sulla sinistra, un’altra traccia dell’ostessa: il busto di una ragazza, con sotto l’indicazione eloquente “La Garbatella”, altro simbolo del quartiere.
Nello stesso palazzo, se volgerete lo sguardo più in basso nella fiancata posizionata su via Brollo, noterete una scritta che non è come tutte le altre: in essa si legge “Vota Garibaldi Lista N°1” e risale addirittura alle elezioni del 1948.
Per dovere di cronaca, occorre dire che la lista “Garibaldi” era quella del Fronte Popolare, contrapposta all’epoca alla Democrazia Cristiana: un vero e proprio manifesto elettorale fai da te ante litteram, agli albori della Prima Repubblica.
Per dovere di cronaca, occorre dire che la lista “Garibaldi” era quella del Fronte Popolare, contrapposta all’epoca alla Democrazia Cristiana: un vero e proprio manifesto elettorale fai da te ante litteram, agli albori della Prima Repubblica.
Gli Alberghi Suburbani
Alla destra del palazzo appena citato, prendete via Cardinale Guglielmo Massaia: in esso osserverete a fianco il primo dei quattro Alberghi Suburbani della Garbatella.
Realizzati fra il 1928 e il 1929 da un progetto di Innocenzo Sabbatini, come vedrete anche dalla mappa vennero edificati ad “incastro”, con una forma ad Y (tranne l’Albergo Rosso con la sua forma a bottiglia rovesciata). Sono conosciuti con dei nomi specifici: Albergo Rosso (dal colore della tinteggiatura), Albergo Bianco (che s’affaccia su Piazza Biffi), Terzo Albergo e Albergo Giallo (l’ingresso di questi due è in Via Percoto, una traversa di Piazza Michele da Carbonara). Essi sono di fatto la risposta all’emergenza abitativa che caratterizzava la città dell’epoca, dovendo ospitare un notevole numero di sfollati a causa delle trasformazioni urbanistiche del centro di Roma. La concezione con cui vennero eretti è quella dell’”albergo”, una sistemazione provvisoria suddivisa fra spazi comuni (come le scuole o le cucine) e spazi privati (camere da letto), concezione che però non avrà vita lunga. Dalle pagine de “L’orologio” di Carlo Levi essi vengono descritti come ambienti bui e malsani. Al contempo, però, furono realizzazioni architettoniche che destarono un notevole interesse negli addetti ai lavori e che ancora oggi appaiono dotati di grande fascino.
In particolare, colpisce l’Albergo Rosso, dietro al quale si cela una storia molto particolare: l’orologio che sormonta l’edificio per moltissimo tempo è rimasto fermo sull’ora dell’inizio dei bombardamenti su Roma del 1944, per la precisione le 11:25; quest’orologio è stato a lungo considerato come l’emblema della resistenza e della ribellione contro la guerra. Da piazza Michele da Carbonara continuate su via Massaia (fiancheggiata da entrambi i lati dall’Albergo Bianco e Rosso), fino ad arrivare a piazza Eugenio Biffi, il limite settentrionale della Garbatella vecchia, oltre il quale si snoda la parte più nuova del quartiere. In questa piazza ci sono i due ingressi degli alberghi e non solo: al centro di essa si trova un ponticello romano che è stato salvato dalla realizzazione di un parcheggio.
La storia degli Alberghi Suburbani ha anche conosciuto la comparsa di una figura entrata nel mito come quella del Mahatma Gandhi, il quale si recò anche alla Garbatella nel 1931 nel corso della sua visita a Roma, precisamente a quanto pare nell’Albergo Bianco.
Garbatella parte terza: dal bar dei Cesaroni alla Chiesoletta
IL BAR DEI CESARONI
Ora che vi ritrovate a piazza Biffi, fra gli Alberghi Suburbani, ripercorrete a ritroso via Cardinale Massaia, Piazza Michele da Carbonara e via Roberto de Nobili.
Camminate fino in fondo a quest’ultima via fino a che non sarete giunti a Piazza Giovanni da Triora, luogo storico della Garbatella che è diventato celebre per un motivo meno storico e più attuale: qui infatti domina la piazza il bar dei Cesaroni, la nota fiction. Non stupisce che questa piazza sia stata scelta come set televisivo: l’insieme è davvero gradevole e ricomprende quello che è il vero carattere del quartiere, la popolare artisticità così caratteristica della borgata-giardino che la distingue nettamente dal resto della città.
In piazza Giovanni da Triora non sono di casa solamente i Cesaroni: c’è anche il teatro Ambra alla Garbatella, sicuramente fra i nuclei culturali più importanti della Garbatella.
Ora che vi ritrovate a piazza Biffi, fra gli Alberghi Suburbani, ripercorrete a ritroso via Cardinale Massaia, Piazza Michele da Carbonara e via Roberto de Nobili.
Camminate fino in fondo a quest’ultima via fino a che non sarete giunti a Piazza Giovanni da Triora, luogo storico della Garbatella che è diventato celebre per un motivo meno storico e più attuale: qui infatti domina la piazza il bar dei Cesaroni, la nota fiction. Non stupisce che questa piazza sia stata scelta come set televisivo: l’insieme è davvero gradevole e ricomprende quello che è il vero carattere del quartiere, la popolare artisticità così caratteristica della borgata-giardino che la distingue nettamente dal resto della città.
In piazza Giovanni da Triora non sono di casa solamente i Cesaroni: c’è anche il teatro Ambra alla Garbatella, sicuramente fra i nuclei culturali più importanti della Garbatella.
Il lotto 24: le casette modello
Dopo esservi lasciati alle spalle il bar delle celebrità, in fondo alla piazza sopra citata si ritorna a respirare un’aria antica con i villini del lotto 24. Compresi fra via Cristoforo Borri e via De Jacobis, sono stati chiamati anche “casette modello” proprio perché esprimono più compiutamente la modalità di costruzione delle case popolari della Garbatella. Nel lotto 24 si contano 13 palazzine, circondate da cortili interni che di fatto rendono il complesso abitativo un tutt’uno omogeneo e riconoscibile. Le palazzine vennero erette nel 1929, a margine del Congresso Internazionale delle Abitazioni e Piani Regolatori, con il quale venne indetto un bando che obbligava al rispetto di certi parametri temporali, realizzativi ed economici: si voleva infatti mostrare che con sole 8000 lire dell’epoca fosse possibile costruire delle palazzine funzionali in un progetto omogeneo. I nomi dei progettisti oggi si possono leggere attraverso dei marmi posti di fronte agli ingressi dei villini; si può ben dire che la realizzazione del lotto 24 ebbe successo, al punto che ancora oggi si caratterizza come un caso di studio, una sperimentazione architettonica riuscita.
La Chiesoletta: chiesa dei Santi Isidoro ed Eurosia
Il lotto 24 si affaccia sulla piazza di Sant’Eurosia, un altro dei luoghi più caratteristici del rione. In essa si trova in primis l’arco entro il quale Nanni Moretti entra, nel suo noto tour in Vespa della Garbatella in “Caro Diario” (l’ingresso di via Antonio Rubino)
Ma il fulcro della piazza è soprattutto la Chiesoletta ovvero la Chiesa dei Santi Isidoro ed Eurosia.
Essa si colloca in una posizione dall’alto valore simbolico: era parte integrante del percorso che i pellegrini nel Medioevo svolgevano su via delle Sette Chiese; nel Cinquecento, inoltre, si racconta che nei suoi pressi si incontrarono i santi San Filippo Neri e San Carlo Borromeo: l’avvenimento è ricordato da due medaglioni di marmo con le effigi dei due santi posizionati sulla parete delle chiesoletta. Al sacro si affianca il profano, poiché proprio in mezzo ai medaglioni fa da terzo ironico incomodo una meridiana che inneggia al buon vino.
La chiesoletta fu costruita nel 1818 per iniziativa del Monsignor Nicolai e ristrutturata dall’architetto Giuseppe Valadier (colui che ideò la “scenografia urbana” del Pincio e di Piazza del Popolo), il quale vi aggiunse il pronao, e nel portico sono inoltre presenti tre bozzetti in gesso che vengono attribuiti addirittura ad Antonio Canova.
Essa si colloca in una posizione dall’alto valore simbolico: era parte integrante del percorso che i pellegrini nel Medioevo svolgevano su via delle Sette Chiese; nel Cinquecento, inoltre, si racconta che nei suoi pressi si incontrarono i santi San Filippo Neri e San Carlo Borromeo: l’avvenimento è ricordato da due medaglioni di marmo con le effigi dei due santi posizionati sulla parete delle chiesoletta. Al sacro si affianca il profano, poiché proprio in mezzo ai medaglioni fa da terzo ironico incomodo una meridiana che inneggia al buon vino.
La chiesoletta fu costruita nel 1818 per iniziativa del Monsignor Nicolai e ristrutturata dall’architetto Giuseppe Valadier (colui che ideò la “scenografia urbana” del Pincio e di Piazza del Popolo), il quale vi aggiunse il pronao, e nel portico sono inoltre presenti tre bozzetti in gesso che vengono attribuiti addirittura ad Antonio Canova.