San Giovanni, il solstizio d’estate, le lumache e l'erba di S Giovanni (L'Iperico)

Articolo di Valeria Scuderi




Il 24 giugno si festeggia San Giovanni, colui che battezzò il Cristo con l’acqua e con il fuoco dello Spirito Santo.

Con questo articolo vogliamo provare a spiegare perché la sua festa viene celebrata oggi, e capire da dove provengono le tante usanze, e superstizioni che fin dalla notte dei tempi si legano a questa festa, che coincide con la notte più breve dell’anno in cui la tradizione vuole che le "streghe" si radunassero sotto un Noce gigantesco che sorgeva nei pressi di Benevento, per raccogliere noci acerbe con cui preparare il “nocino”, liquore dolce amaro dalle proprietà digestive.

Oltre alle noci in questa notte si raccolgono nove erbe mediche, che se raccolte in mazzetti ci proteggono da malefici, malocchio e malanni. Erbe magiche bagnate dalla rugiada e su cui strisciano gentili lumachine, animali posti sotto la protezione della Luna, che se cucinate con una salsina condita con la mentuccia romana, sono assai deliziose.

Ma quale è il legame fra San Giovanni, le streghe, le erbe mediche e le lumache?
Proviamo a fare un po’ di chiarezza.

Una delle feste religiose e profane più sentite nella Roma di una volta era quella di San Giovanni, patrono della città, festeggiato il 24 giugno. La festa cominciava la notte della vigilia, la cosiddetta “notte delle streghe”, durante la quale si credeva che le streghe venissero chiamate a raccolta sui prati del Laterano dai fantasmi di Erodiade e di sua figlia Salomè, dannate per aver causato la decapitazione del santo, e andassero in giro per la città a catturare le anime prima di proseguire per Benevento, città delle streghe per eccellenza. Era quindi essenziale ricorrere a rituali magici e forme di esorcismo.

Dopo aver benedetto i letti e la porta di casa, la gente partiva da tutti i rioni di Roma al lume di torce e candele: arrivati sulla piazza, si accendevano falò per scacciare le forze occulte, si pregava e si mangiavano le lumache nelle osterie e nelle baracche allestite sulla piazza. Alcune famiglie se le portavano addirittura da casa, in un “callaro”, ovvero un enorme pentolone, pieno di lumache al sugo. Mangiare le lumache, le cui corna rappresentavano discordie e preoccupazioni, significava infatti distruggere le avversità.

In questa magica notte entrano in gioco anche la rugiada, cui si attribuivano poteri curativi e che veniva raccolta sui prati, e l’aglio, per il famoso il proverbio “Chi non compra aglio a San Giovanni, è povero tutto l’anno”. Durante la notte venivano inoltre aperti al pubblico i bagni del Tevere e gli abitanti della città potevano bagnarsi nella fontana di San Giovanni: si credeva infatti che durante il giorno della sua festività il santo avrebbe regalato maggiori miracoli rispetto al resto dell'anno.

La partecipazione popolare era massiccia, si mangiava e si beveva in abbondanza e soprattutto si faceva rumore con trombe, trombette, campanacci, tamburelli e petardi di ogni tipo per impaurire le streghe, affinché non potessero cogliere le erbe utilizzate per i loro incantesimi. La festa si concludeva al sorgere del sole: lo sparo del Cannone di Castel Sant’Angelo annunciava l’inizio della messa celebrata dal Papa alla Basilica di San Giovanni in Laterano, dopo la quale dalla loggia della basilica venivano gettate monete d’oro e d’argento, scatenando così la folla presente.

Nel medioevo e più esattamente nel IV secolo, per equiparare le feste cristiane a quelle pagane, la chiesa scelse il 25 dicembre quale giorno per la nascita di Gesù, giorno in cui i pagani trascorsa la notte più lunga dell’anno, festeggiavano il sorgere del nuovo sole, era il Solstizio d’inverno, ovvero “il Dies Natalis Solis Invicti”.

La tradizione cristiana vuole che Maria, subito dopo l’Annunciazione databile intorno alla fine di marzo, visitò Elisabetta, l’anziana cugina rimasta miracolosamente incinta 6 mesi prima di lei e che il 24 giugno avrebbe dato alla luce suo figlio Giovanni, considerato il precursore del Cristo. 

Il 24 giugno corrisponde al solstizio d’estate, giorno più lungo dell’anno, ma anche… la notte più breve, e dal 25 giugno le giornate cominciano a decrescere. Ai sacerdoti che interrogavano il Battista per sapere se fosse il messia, Giovanni rispose: “Non sono io il messia, ma io sono stato mandato innanzi a lui …. Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire”.»

Nella religione pagana i solstizi segnano di fatto un confine o meglio una “porta” spazio-temporale tra il mondo finito degli umani e l’infinito “atemporale” degli dei.

Secondo le tradizioni nordiche, il 24 giugno è giorno di mezza estate. Il mondo naturale e il soprannaturale si compenetrano e accadono "cose strane". Il giorno è ricordato anche da Shakespeare nel "Sogno di una notte di mezza estate", in cui realtà e sogno si confondono a tal punto da non poterli distinguere.

Nella tradizione romana, il custode delle porte, comprese quelle solstiziali, era Giano Bifronte signore dell'Eternità, guardiano delle soglie e dei passaggi, le cui feste venivano celebrate ai due solstizi. Oggi al posto di Giano troviamo i due "Giovanni", il Battista presso il Solstizio d’Estate, l’Evangelista presso quello d’Inverno. I due Giovanni cristiani, secondo la tradizione, simboleggiano uno il Cristo Creatore, al solstizio estivo, l’altro, al solstizio invernale, il Cristo Salvatore che apre la porta del cielo.

I solstizi dunque altro non sono che porte aperte verso dimensioni di conoscenza superiore, e i passaggi che consentivano agli uomini di avvicinarsi al Divino.



Questi passaggi erano festeggiati con riti propri della società contadina e pastorale legati all’uso dell’acqua e del fuoco. Il Battista aveva battezzato il Cristo con l’Acqua, ricordando però che un altro, più potente di lui, avrebbe purificato con il Fuoco. Chi era costui?
Per la tradizione esoterica e poi massonica il Cristo venne battezzato dall’Evangelista con il sacro fuoco dello Spirito Santo.

Un rito comune a tutti i popoli del Mondo è quello dell’accensione di luci e fuochi durante la notte dei solstizi.  L'usanza di mangiare, danzare, giocare e cantare all'aperto accanto al fuoco, aveva una funzione liberatoria, in attesa del sorgere del sole. Il contadino, con questi fuochi, voleva aiutare il sole, che cominciava a scendere sull'orizzonte, a restare alto in cielo per continuare ad offrire la sua energia ai campi, esorcizzando la paura di eventi infausti ed epidemici scacciando demoni, malattie e streghe.

La tradizione popolare vuole che le erbe raccolte in questa notte, prima del levar del sole, siano in grado di scacciare demoni e malocchio. In particolare, 9 erbe vennero consacrate a San Giovanni, queste sono: iperico, erica, lavanda, ginestra, felce, verbena, ribes, artemisia e cardo.

Queste piante si raccolgono proprio in questo periodo dell'anno, perché sono nel loro tempo balsamico, cioè più ricche di principi attivi e da ciò la tradizione popolare ha tratto l'aspetto magico tramandato di generazione in generazione. 

Con esse si eseguiva il rituale della rugiada: le erbe si mettevano in un catino colmo d'acqua e si esponevano all’aperto tutta la notte, perché la Madonna e San Giovanni passando la benedicessero, facendo così acquistare il massimo delle virtù benefiche alla rugiada, simbolo delle lacrime di Salomè, pentita del suo atroce gesto.

Il rituale della rugiada si lega anche ad Artemisia, divinità lunare, dalle virtù fecondatrici: le giovani spose, che volevano ottenere figli, si recavano sul monte Testaccio e si sedevano sollevando le vesti sopra l'erba umida per un intimo lavacro propiziatorio. 

All'uso del bagno si affiancava anche l'uso del "comparato" se il 24 giugno ci si legava simbolicamente, tra persone di sesso diverso, si restava spiritualmente legati per tutta la vita come compari e comari. Per stabilire il comparato, una persona inviava all'altra, la vigilia di San Giovanni, un mazzolino di fiori che quella ricambiava poi alla vigilia della festa dei santi Pietro e Paolo (il 29 Giugno).

L’iperico detto anche “Erba di San Giovanni” o "Scacciadiavoli" è considerata un’erba anti malefici, usata contro ogni sorta di stregoneria e malanno. Simbolo di pace e di prosperità, è una pianta solare dai bei fiori gialli, usata per le sue proprietà antiinfiammatorie sotto forma di unguento cremoso. L'olio di iperico è tuttora usato in caso di scottature, eritemi solari, o piaghe perché aiuta a rigenerare i tessuti e a calmare il dolore. Per uso interno l'iperico è indicato come antidepressivo, tonico e digestivo. Un autentico talismano, attenzione però a non applicarlo prima dell'esposizione al sole poiché potrebbe dare origine a fastidiosi episodi di fotosensibilizzazione.



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