Gli Splendidi Mosaici di Jacopo Torriti dell'abside della Basilica di Santa Maria Maggiore
Jacopo Torriti fu, insieme a Filippo Rusuti e Pietro Cavallini, uno dei principali protagonisti del rinnovamento pittorico romano della fine del XIII secolo nella prospettiva del superamento della figuratività bizantina.
In queste immagini, proponiamo una delle due opere autografe di un grande artista di cui si hanno pochissime notizie: si tratta dei mosaici dell’abside della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma (l’altra è il mosaico absidale di San Giovanni in Laterano, sempre a Roma).
Torriti – probabilmente un frate francescano originario del Senese, attivo anche ad Assisi, accanto a Filippo Rusuti, nel lavoro di decorazione della navata della Basilica Superiore di San Francesco, dov’era impegnato pure Cimabue – realizzò i mosaici della Basilica Liberiana nel 1295 circa, su commissione di papa Niccolò IV (1227-1292), il primo pontefice appartenente all’Ordine dei Frati Minori.
Mosaico dell’abside di Santa Maria Maggiore: storia breve
Siamo alla fine del XIII secolo. Sul trono papale siede il francescano Niccolò IV (1227-1292) vicino alla famiglia Colonna. Questa esprime in quegli anni ben due cardinali: Giacomo e Pietro. Essi sono al contempo vicini al papa e legati alla Basilica di Santa Maria Maggiore che rappresenta la loro chiesa di riferimento. Giacomo infatti ne porta il titolo fino al 1297 quando i contrasti tra i Colonna e Bonifacio VIII condurranno alla destituzione dei due cardinali.
Siamo alla fine del XIII secolo. Sul trono papale siede il francescano Niccolò IV (1227-1292) vicino alla famiglia Colonna. Questa esprime in quegli anni ben due cardinali: Giacomo e Pietro. Essi sono al contempo vicini al papa e legati alla Basilica di Santa Maria Maggiore che rappresenta la loro chiesa di riferimento. Giacomo infatti ne porta il titolo fino al 1297 quando i contrasti tra i Colonna e Bonifacio VIII condurranno alla destituzione dei due cardinali.
Il 27 settembre 1288 Niccolò IV con un’apposita lettera concede indulgenze a coloro che effettueranno offerte per il restauro della chiesa. Così viene creato il transetto e arretrato l’abside (distruggendo i mosaici del V secolo…). Jacopo Turriti può quindi mettersi al lavoro per realizzare i mosaici che ancora ammiriamo: li terminerà tra il 1295 e l’anno successivo.
Il ciclo musivo rappresenta l'Incoronazione della Vergine, nella conca absidale, e le “Scene della vita di Maria” (“Annunciazione”, “Natività di Gesù”, “Dormitio Virginis”, “Adorazione dei Magi”, “Presentazione di Gesù al Tempio”) nella fascia sottostante.
Da sinistra: san Francesco, san Paolo, san Pietro e papa Niccolò IV, e schiere angeliche - particolare dell'"Incoronazione della Vergine"
San Pietro, papa Niccolò IV e schiere angeliche, particolare dell'"Incoronazione della Vergine"
Da destra: sant'Antonio, san Giovanni Evangelista, san Giovanni Battista e il cardinale Colonna, particolare dell'"Incoronazione della Vergine"
"Annunciazione"
"Natività di Gesù"
"Adorazione dei Magi"
"Presentazione di Gesù al Tempio"
"Dormitio Virginis"
"Dormitio Virginis", particolare
"Dormitio Virginis", particolare
Il grande mosaico si estende su tutta l’abside, cioè sia nella calotta che nella fascia inferiore e sull’arco absidale. Al centro dell’abside, protagonisti della narrazione, Gesù e la Vergine assisi su un trono tutto particolare. Infatti li accoglie entrambi con pari dignità. Le due figure sono racchiuse in una sfera: un cielo stellato dove il sole e la luna sono invece posizionati sotto il gradino del trono. Gesù è colto nell’atto di incoronare la Madre.
La lunga iscrizione che corre al di sotto della sfera e relativa all’Assunzione della Vergine. Essa recita: Maria virgo assu(m)pta e(st) ad ethereu(m) thalamu(m) in quo rex regu(m) stellato sedet solio / Exaltata est sancta Dei genitrix super choros angelorum ad celestia Regna.
Ai due lati del trono, due gruppi formati ciascuno da otto angeli e un serafino con 6 ali. La loro eleganza non necessita di commento.
Al di là degli angeli due gruppi di santi e i committenti. Alla destra della Madre e del Figlio, inginocchiato, il cardinale Giacomo Colonna poi San Giovanni Battista, San Giovanni Evangelista e Sant’Antonio da Padova. A sinistra, papa Niccolò IV in ginocchio, San Pietro, San Paolo e San Francesco. Del Poverello di Assisi il Turriti ha riprodotto le stigmate sia sui piedi che sulle mani.
Le spirali d’acanto
Intorno a tutte queste figure è un trionfo di spirali d’acanto che ricoprono l’abside dal fondo d’oro. All’interno delle spirali, come sui rami in una foresta, uccelli riprodotti in modo magistrale: cicogne, pavoni, aquile, colombe, beccacce.
Al di sotto delle figure dei santi di cui abbiamo detto, scorre un fiume. E’ alimentato dai quattro fiumi del Paradiso che sgorgano da un piccolo monte al centro e anche da due coppe poste ai due lati del mosaico sulle quali si poggiano due personaggi con la barba. Due cervi si abbeverano ai fiumi del Paradiso. Nel fiume c’è di tutto: pesci, pescatori, velieri uccelli ma anche figure immaginarie.
Se guardate bene sotto i fiumi del Paradiso, vedrete spuntare due figure protette dall’arcangelo Michele: potrebbero essere Abramo e Pietro.
Le scene della Vita di Maria
Così come i Mosaici della Navata, dedicati all’Antico Testamento, conducono il fedele verso l’Arco Trionfale dedicato alle storie dell’infanzia di Gesù (e dunque alle Scritture del Nuovo Testamento), i mosaici dell’abside si concentrano sulla Madre di Gesù che impersonifica la Chiesa stessa.
Così, come Pietro Cavallini a Santa Maria in Trastevere racconta in mosaico la Vita della Vergine così qui fa Jacopo Torriti. Siamo sotto la calotta absidale tra le finestre che illuminano l’abside. I pannelli sono cinque.
Al centro il mosaico principale del ciclo, la Dormitio. La Vergine è distesa sul letto funebre. Alle sue spalle Cristo ne tiene tra le braccia l’anima. Ai lati due cortei. A destra quello guidato da San Paolo con santi e donne velate. A sinistra quello guidato da San Pietro con santi e patriarchi. Nello sfondo a sinistra la città di Sion e a destra il Monte degli Olivi.
Le altre scene rappresentano, a sinistra della Dormitio, l’Annunciazione e la Natività. A destra l’Adorazione dei Magi e la Presentazione al Tempio.
L’Arco Absidale
I mosaici dell’arco absidale come li vediamo oggi sono in realtà l’esito di un profondo restauro ricostruttivo. Eseguito da Goffredo Gregorini (1900-1970) a cavallo del 1930, portò alla ricomposizione di mosaici in gran parte andati perduti e rappresentanti i tradizionali ventiquattro vegliardi coronati (vedi Arco di Galla Placidia a San Paolo flm), i quattro evangelisti e i candelabri e l’Agnello impersonificante Gesù.
I due piedritti sono ancora originali. A sinistra (accanto all’Annunciazione) San Girolamo spiega le Scritture a Paola e Eustochio. A destra, San Mattia predica agli Ebrei.
Jacopo Torriti e i mosaici di Santa Maria Maggiore: quali ispirazioni?
Le ispirazioni sono sempre un argomento scivoloso, ma vediamo un po’.
Partirei dalle spirali d’acanto. Ovviamente il pensiero corre ai Mosaici dell’Abside di San Clemente: siamo due secoli prima, agli inizi del XII. La realizzazione del Torriti ha una solennità e una voluttuosità diversa ma il concetto è quello. Ritorno a dire che gli uccelli dipinti dal Torriti sono magistrali: Roma ha finalmente ritrovato maestri all’altezza della sua fama.
Guardando invece al fiume che scorre ai piedi delle sacre figure rappresentate nell’abside, viene in mente qualcosa di superbamente antico e purtroppo andato perduto: la cupola del Mausoleo di Santa Costanza con le sue scene di pesca che un cardinale preso da sacro furore fece distruggere per sostituirli con affreschi più acconci a un luogo sacro… Persi per sempre: ma Jacopo Torriti deve averli visti. Noi li conosciamo attraverso dei disegni a noi pervenuti, come quello qui riprodotto.
Le altre scene rappresentano, a sinistra della Dormitio, l’Annunciazione e la Natività. A destra l’Adorazione dei Magi e la Presentazione al Tempio.
L’Arco Absidale
I mosaici dell’arco absidale come li vediamo oggi sono in realtà l’esito di un profondo restauro ricostruttivo. Eseguito da Goffredo Gregorini (1900-1970) a cavallo del 1930, portò alla ricomposizione di mosaici in gran parte andati perduti e rappresentanti i tradizionali ventiquattro vegliardi coronati (vedi Arco di Galla Placidia a San Paolo flm), i quattro evangelisti e i candelabri e l’Agnello impersonificante Gesù.
I due piedritti sono ancora originali. A sinistra (accanto all’Annunciazione) San Girolamo spiega le Scritture a Paola e Eustochio. A destra, San Mattia predica agli Ebrei.
Jacopo Torriti e i mosaici di Santa Maria Maggiore: quali ispirazioni?
Le ispirazioni sono sempre un argomento scivoloso, ma vediamo un po’.
Partirei dalle spirali d’acanto. Ovviamente il pensiero corre ai Mosaici dell’Abside di San Clemente: siamo due secoli prima, agli inizi del XII. La realizzazione del Torriti ha una solennità e una voluttuosità diversa ma il concetto è quello. Ritorno a dire che gli uccelli dipinti dal Torriti sono magistrali: Roma ha finalmente ritrovato maestri all’altezza della sua fama.
Guardando invece al fiume che scorre ai piedi delle sacre figure rappresentate nell’abside, viene in mente qualcosa di superbamente antico e purtroppo andato perduto: la cupola del Mausoleo di Santa Costanza con le sue scene di pesca che un cardinale preso da sacro furore fece distruggere per sostituirli con affreschi più acconci a un luogo sacro… Persi per sempre: ma Jacopo Torriti deve averli visti. Noi li conosciamo attraverso dei disegni a noi pervenuti, come quello qui riprodotto.
I Ventiquattro Vegliardi
l’arco dell’abside mostra la famosa immagine dei ventiquattro vegliardi dall’Apocalisse. Li incontriamo per la prima volta nell’Arco di Galla Placidia a S Paolo fuori le mura, ma li ritroviamo poi nei Mosaici di Santi Cosma e Damian, e in quelli di epoca Carolingia di S. Prassede.
Secondo Valentine Giesser, storica dell’arte dell’Università di Losanna, i ventiquattro vegliardi sarebbero:
“…una scelta tematica apocalittica che si inserisce nella più pura tradizione degli archi absidali romani (Nilgen 2000, 76).
Si voleva quindi inquadrare il programma mariano in una cornice cosmica e universale; un ‘universalismo’ ribadito dalle due scene di Mattia e Girolamo, (nei piedritti, n.d.r.) che insegnano il messaggio cristiano agli ebrei e alle donne. Alle donne, specialmente, il programma presta attenzione anche nella scena della Dormitio, rappresentando figure femminili velate non lontano dalla tomba.
Non sorprendente in un programma dedicato alla Vergine, questo accento particolare si radica però certamente nella speciale sensibilità francescana: il sermone I di Matteo d’Acquasparta (Matthaei ab Aquasparta Sermones de Beata Maria Virgine [1962], 181-182) dice esplicitamente che l’Assunzione della Vergine e la realtà della sua resurrezione assicurano della resurrezione del genere femminile (Cecchin 2001, 605)”.
Non sorprendente in un programma dedicato alla Vergine, questo accento particolare si radica però certamente nella speciale sensibilità francescana: il sermone I di Matteo d’Acquasparta (Matthaei ab Aquasparta Sermones de Beata Maria Virgine [1962], 181-182) dice esplicitamente che l’Assunzione della Vergine e la realtà della sua resurrezione assicurano della resurrezione del genere femminile (Cecchin 2001, 605)”.
I Ventiquattro Vegliardi
l’arco dell’abside mostra la famosa immagine dei ventiquattro vegliardi dall’Apocalisse. Li incontriamo per la prima volta nell’Arco di Galla Placidia a S Paolo fuori le mura, ma li ritroviamo poi nei Mosaici di Santi Cosma e Damian, e in quelli di epoca Carolingia di S. Prassede.
Secondo Valentine Giesser, storica dell’arte dell’Università di Losanna. Ovvero, i ventiquattro vegliardi sarebbero:
“…una scelta tematica apocalittica che si inserisce nella più pura tradizione degli archi absidali romani (Nilgen 2000, 76). Si voleva quindi inquadrare il programma mariano in una cornice cosmica e universale; un ‘universalismo’ ribadito dalle due scene di Mattia e Girolamo, (nei piedritti, n.d.r.) che insegnano il messaggio cristiano agli ebrei e alle donne. Alle donne, specialmente, il programma presta attenzione anche nella scena della Dormitio, rappresentando figure femminili velate non lontano dalla tomba.
Non sorprendente in un programma dedicato alla Vergine, questo accento particolare si radica però certamente nella speciale sensibilità francescana: il sermone I di Matteo d’Acquasparta (Matthaei ab Aquasparta Sermones de Beata Maria Virgine [1962], 181-182) dice esplicitamente che l’Assunzione della Vergine e la realtà della sua resurrezione assicurano della resurrezione del genere femminile (Cecchin 2001, 605)”.
“…una scelta tematica apocalittica che si inserisce nella più pura tradizione degli archi absidali romani (Nilgen 2000, 76). Si voleva quindi inquadrare il programma mariano in una cornice cosmica e universale; un ‘universalismo’ ribadito dalle due scene di Mattia e Girolamo, (nei piedritti, n.d.r.) che insegnano il messaggio cristiano agli ebrei e alle donne. Alle donne, specialmente, il programma presta attenzione anche nella scena della Dormitio, rappresentando figure femminili velate non lontano dalla tomba.
Non sorprendente in un programma dedicato alla Vergine, questo accento particolare si radica però certamente nella speciale sensibilità francescana: il sermone I di Matteo d’Acquasparta (Matthaei ab Aquasparta Sermones de Beata Maria Virgine [1962], 181-182) dice esplicitamente che l’Assunzione della Vergine e la realtà della sua resurrezione assicurano della resurrezione del genere femminile (Cecchin 2001, 605)”.